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Afghanistan, i familiari dei militari uccisi: “Uno choc, ma il sacrificio non è stato vano”

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“Provo tanta amarezza a vedere le immagini di Kabul. Amarezza e tristezza, soprattutto, per quelle donne, quelle bambine, che saranno vendute come oggetti, costrette a sposarsi a sconosciuti. Ma mio figlio non è morto invano, ha compiuto il suo dovere e lo ricorderò sempre come un eroe, perché questo è stato”. Anna D’Amato, 70 anni, è la mamma del caporalmaggiore Massimiliano Randino, uno dei due militari campani caduti nell’agguato del 17 settembre del 2009, con altri quattro soldati italiani, durante la missione in Afghanistan. Alto il tributo di sangue pagato dalla Campania, con numerosi morti e feriti. Nell’attentato del 2009 oltre a Randino, nato a Pagani, e originario di Nocera superiore, dove abita ancora la mamma, morì anche il sergente maggiore Roberto Valente: era di Napoli e viveva con la moglie a Soccavo.

Oggi le immagini dei talebani che tornano da vincitori nella capitale afghana riaccendono il dolore e riaprono una ferita mai chiusa. “C’è grande delusione per quanto sta accadendo – aggiunge Anna D’Amato – il sorriso di Massimiliano è sempre con me, per le ricorrenze tornava a casa. Era orgoglioso delle sue origini come era orgoglioso di portare la divisa dell’Esercito italiano”. La donna però, non ci sta a sentire che il sacrificio del figlio sia stato inutile: “No, non è così. Ha fatto il suo dovere, ha portato avanti con coraggio e grande umanità la missione che gli era stata affidata in Afghanistan, ha lottato per dare una speranza a quel popolo. Non è stata una morte inutile. Certo si sarebbe potuto fare di più, ma questo non tocca ai nostri soldati, ma alla politica che avrebbe dovuto evitare quello che sta avvenendo adesso che lascia l’amaro in bocca. Massimiliano da militare ha eseguito gli ordini e si è impegnato per salvare la popolazione civile”.

Randino si era sposato e viveva in Toscana, a Sesto Fiorentino con la moglie Pasqualina Scarica: “Cosa provo nel vedere quelle immagini da Kabul? Fa male pensare che la morte di mio marito, e di altri 52 ragazzi come lui, alla fine, sia valsa a poco – dichiara la donna a Repubblica Firenze – è doloroso pensare che dopo vent’anni in cui tanto era stato fatto ci si trovi di nuovo punto e a capo. Non voglio dire che non sia servito a niente. Grazie alle missioni internazionali In Afghanistan erano stati fatti dei passi in avanti. Soprattutto sul fronte dei diritti, delle libertà delle donne. Vedere che ora tutto rischia di tornare come prima fa capire di colpo l’importanza di ciò che si era costruito”. Nella micidiale esplosione contro i parà italiani rimase ferito Ferdinando Buono, di San Giovanni a Teduccio. Nel 2009 aveva 30 anni e il grado di caporalmaggiore: “È una cosa che non potrò mai dimenticare – racconta – un mio commilitone fu letteralmente dilaniato, provai a soccorrerlo ma non c’era nulla da fare”.

Buono, a causa dell’attentato, ha perso parte dell’udito, è rimasto ferito a una mano e ha avuto gravi problemi di salute che lo hanno portato al congedo, ma nonostante tutto afferma con orgoglio: “Noi non abbiamo fallito, il nostro compito lo abbiamo svolto, sono stati i potenti a decidere che doveva finire così”. Quindi ricorda quei giorni in Afghanistan: “Io rifarei tutto, non riesco neanche a descrivere la gioia sui volti dei bambini che assistevamo consegnando loro cibo, aiuti, solidarietà. Abbiamo fatto tante cose lì, portato la speranza a persone che non avevano nulla. Sarebbero serviti almeno altri 20 anni per cambiare davvero il destino dell’Afghanistan, invece, i potenti hanno deciso che doveva andare diversamente. Guardate i talebani di oggi: da come impugnano le armi si capisce subito che sono stati addestrati da professionisti. Era tutto scritto”.

Resta il dolore e il lutto delle comunità che si stringono attorno ai propri caduti. A Randino è stata dedicata una strada e oggi il sindaco di Cava dei Tirreni Vincenzo Servalli afferma: “Il nostro primo dovere è ricordare i 54 soldati italiani morti in Afghanistan. Tra questi il nostro Massimiliano Randino che ha dato prova di grande coraggio e professionalità facendo onore all’Italia. La fuga precipitosa a cui stiamo assistendo è una scelta politica, uno spettacolo indecoroso che rimarrà a lungo nella memoria di quel popolo e soprattutto di chi si era fidato dell’Occidente”.

Era di originario di Palma Campania, il caporal maggiore scelto Gaetano Tuccillo: il 2 luglio 2011 fu ucciso da un ordigno fatto esplodere al passaggio di una pattuglia del contingente italiano in prossimità del villaggio di Bakwa, nell’Afghanistan occidentale. A Tuccillo, con decreto del Presidente della Repubblica, fu attribuita la Croce d’onore per le vittime del terrorismo. Tre anni prima era caduto il maresciallo Giovanni Pezzulo, originario di Carinola (in provincia di Caserta): fu ucciso nella località di Rudbar a circa 60 chilometri da Kabul in uno scontro a fuoco, rivendicato dai talebani. L’elenco delle vittime e lungo e doloroso “ma non dite che il loro sacrificio è stato inutile”, ripetono familiari e colleghi. Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2021/08/19/news/kabul_afghanistan_familiari_vittime_napoli_italia-314510178/?rss

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