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Alberto Angela: “Vi racconto il mio Nerone e i suoi rapporti con Neapolis”

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Come un Joker, vissuto duemila anni fa. L’esempio è calzante: il più folle dei nemici di Batman è solitamente visto come uno spietato assassino. È così, certo. Ma guardando il celebre film con Joachin Phienix, si comprende anche altro: che è un uomo normale, scivolato negli abissi della follia per cause imprevedibili. Ecco, anche Nerone era così. Alberto Angela non ha dubbi. Tanto da scrivere un terzo libro sulla sua figura, “così avvolta dalle nebbie”.

Il titolo è “Nerone”, completato col contributo di undici esperti consulenti e pubblicato dall’editore HarperCollins. Domani alle 11,30, lo scrittore e divulgatore televisivo lo presenta nella “sua” Napoli, di cui è cittadino onorario, dal palco del Teatro Bellini. Nelle pagine, si racconta quanto il quinto imperatore di Roma abbia sfumature tutte da riscoprire. E, in parte, da riabilitare.

Eppure, Angela, l’imperatore si macchiò di colpe innegabili.

“Assolutamente: Nerone non si giustifica ma lo si può comprendere. L’abbiamo sempre conosciuto come un dittatore cinico, che si divertiva nell’uccidere le persone, persino la madre. Poi, approfondendo, ci si accorge che le cose non stanno esattamente così. Molte delle colpe a lui attribuite sono fake news, inventate già dai nemici dell’epoca, che erano i senatori più tradizionalisti. E poi, non dimentichiamo, che parliamo di un ragazzo”.

Morto ad appena trent’anni…

“Esatto. E salito al potere a 17. In lui si vedono tante cose che troviamo anche oggi in un qualsiasi giovane. Questo, i libri di storia non lo raccontano. Era un ragazzo che prediligeva la musica. Suonava la cetra, la chitarra dell’epoca. Gli piaceva la velocità: non c’erano moto o macchine, lui correva sulle quadrighe. Amava la moda, quella un po’ trasgressiva: portava i capelli lunghi, tuniche decorate a fiori. Una sorta di Elton John ante litteram, che cantava e si esibiva in pubblico. Era un ragazzo ribelle, ma con doti che la sua figura gli imponeva. Il popolo lo amava molto”.

E l’incendio di Roma da lui causato nel 64?

“Un’altra fake news, così come quella che lo vede cantare sulle macerie fumanti degli edifici. Non provocò lui l’incendio, non ne avrebbe avuto nessun interesse. Nell’Urbe, si registrava mediamente un grande incendio ogni 15 anni. Si parla anche dei roghi attizzati dall’imperatore nei giorni successivi, ma solo perché partiti dai terreni di Tigellino, che era il suo braccio destro. È abbastanza sicuro che l’incendio si sia riattivato perché non fu fatto un immediato smassamento, circoscrivendo le fiamme. Io ho immaginato la causa del rogo, con la caduta accidentale di una lucerna, di notte, in un magazzino”.

Altre storie da smentire?

“Quel famoso calcio a sua moglie, Poppea, uccisa mentre era incinta. Non c’è nessuna prova. Il ragazzo fu travolto dagli eventi e dal suo ruolo apicale. Per questo lo associo al Joker, o alla splendida tavola che Milo Manara ha realizzato per il libro. È ritratto dal doppio volto: quello di un giovane e, allo stesso tempo, di un folle”.

Spesso associa la sua figura a una “sliding door”.

“È un personaggio chiave nella storia romana e del Cristianesimo. I cui effetti si vedono anche oggi. Le colpe dell’incendio di Roma si concentrarono su una comunità piccola e innocente, i cristiani, appunto. Tra i tanti perseguitati e uccisi, ci fu anche Pietro, che venne sepolto accanto al luogo del suo martirio, il colle Vaticano. Sulla sua tomba emergerà un culto che, secoli dopo, ha portato alla nascita della basilica di San Pietro, il centro del Cristianesimo. Tutto quel che vediamo oggi è anche frutto di questa sequenza di eventi. Vien da chiedersi come sarebbero andate le cose se non fosse caduta quella lucerna”.

Nerone aveva rapporti molto stretti con la Campania.

“Strettissimi. Il princeps amava molto Neapolis, dove si esibì in un concerto durato per giorni. Aveva poi proprietà imponenti nei Campi Flegrei, a Baia. Pianificava un’imponente infrastruttura a Pozzuoli, che non riuscì a realizzare: un lungo canale che avrebbe collegato Pozzuoli a Ostia. Un’autostrada d’acqua lunga decine e decine di chilometri su cui si sarebbero mosse ininterrottamente le navi, al sicuro da ogni tempesta, rifornendo sempre Roma”.

Per non parlare dell’area vesuviana…

“Possiamo citare due luoghi, a lui collegati: Oplontis e Pompei. Il primo perché era il luogo di origine della famiglia di Poppea. Per Pompei abbiamo informazioni più concrete. Nerone punì la colonia, proibendo spettacoli e ludi nell’anfiteatro per dieci anni, dopo la rissa avvenuta tra pompeiani e nocerini nel 59. Squalifica che poi fu revocata, forse anche grazie alla buona parola di Poppea. Non solo: si sa che sia lei che Nerone fecero importanti donazioni al Tempio di Venere della città. Ebbene, gli scavi hanno restituito una lucerna d’oro pesante un chilo. Dato che i documenti ci parlano proprio di una donazione aurea, si pensa che proprio questa lucerna, degna di un imperatore, sia appartenuta a Nerone. Oggi è esposta al Mann di Napoli. Infine, studiando i famosi elmi e schinieri dei gladiatori pompeiani, su uno c’è una punzonatura, che riportano la scritta “Nerone”. Un indizio che lascerebbe pensare avesse lì una palestra”.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2022/12/17/news/napoli_alberto_angela_vi_racconto_il_mio_nerone_e_i_suoi_rapporti_con_neapolis-379397816/?rss

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