
Come trent’anni fa, il documento “Per amore del mio popolo” campeggia all’ingresso delle chiese della Foranìa di Casal di Principe. Quel documento, che era una precisa presa di posizione contro la camorra locale, fu fortemente voluto da don Peppino Diana e condiviso dagli altri parroci. Fu letto dall’altare di ogni chiesa alla fine della messa di Natale del 1991 e suscitò enorme clamore.
“A distanza di trent’anni – spiega Salvatore Cuoci, il coordinatore del Comitato don Peppe Diana – abbiamo voluto ricordare quell’evento stampando quindici manifesti di quel documento che già dalla sera della vigilia di Natale sono stati posti davanti all’ingresso di tutte le parrocchie della Foranìa. Abbiamo voluto rilanciare – aggiunge Cuoci –un documento ancora molto attuale che rappresenta per noi un’importante eredità e un’indicazione del senso di marcia che dobbiamo continuare a seguire per poter disegnare i percorsi di libertà e di giustizia”.
Il documento nacque in seguito alla morte di un ragazzo di 20 anni, Angelo Riccardo, che il 21 luglio del 1991 si trovò a passare per caso per la piazza principale di San Cipriano di Aversa, nel primo pomeriggio, mentre un commando tentava di ammazzare un camorrista di un clan rivale. Un proiettile lo colpì in un occhio mentre era in auto con alcuni amici.
Da quell’episodio, in cui rimasero ferite anche altre persone, ne scaturì un volantino, “Basta con la dittatura armata della camorra», scritto da don Diana con altri preti e associazioni, che diede voce a gran parte delle popolazioni locali che non ce la facevano più a sopportare il clima di violenza in atto da mesi. Era scoppiata una guerra tra le varie fazioni dei clan locali che quasi ogni giorni lasciava sul terreno corpi senza vita di giovani affiliati, ma anche di vittime che con quella guerra non c’entravano niente.
La protesta delle comunità parrocchiali, nuova per questi territori, smosse le acque. Ci fu un forte consenso. Si capiva che la gente non ne poteva più, ma non aveva la forza per liberarsi e cercava punti di riferimento attorno a cui mobilitarsi. La Chiesa di Casal di Principe e del circondario si offriva come momento unificante. Alla guida di questo piccolo ma grandissimo movimento di nuova resistenza, don Peppino Diana. Il 30 settembre del 1991, furono sciolti “perché condizionati dalla camorra” i consigli comunali di Casal di Principe e Casapesenna insieme a quello di Mondragone. Ma non era finita. Sulla scia della protesta cominciata dopo la morte di Angelo Riccardo, a Natale del 1991 i parroci della Foranìa di Casal di Principe (di cui fanno parte le parrocchie dei comuni di Casal di Principe, San Cipriano di Aversa, Casapesenna, Villa Literno, Villa di Briano) stilarono un documento con il quale invitavano il popolo a ribellarsi. Il titolo, che riprendeva un documento dei vescovi meridionali del 1982, era simbolicamente forte: Per amore del mio popolo”.
“La camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana – era scritto inquel documento – I camorristi impongono con violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario, traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone”.
“Sembra scritto oggi – dice don Paolo dell’Aversana, parroco del Santuario della Madonna di Briano a Villa di Briano e tra i firmatari di quel documento – io ne ho parlato già alla messa della vigilia di Natale e ho detto che non è tanto un ricordo di quello che è stato fatto, quanto un prendere consapevolezza che in quel Natale è iniziato un cammino, che non è terminato, e che deve essere ancora portato avanti giorno dopo giorno”.
E don Carlo Aversano, parroco della chiesa del Santissimo Salvatore, a pochi passi dal Municipio, ha fatto stampare alcune centinaia di copie del documento, distribuendole già alla messa della notte di Natale fra i fedeli della parrocchia.
“Quel documento è attualissimo – dice Augusto di Meo, il fotografo amico di don Peppe Diana che quella mattina del 19 marzo 1994, andò in caserma a denunciare il killer di don Peppino che aveva visto sparare – e credo che bisognerebbe diffonderlo non solo tra le chiese della Foranìa, ma in tutte le parrocchie della Diocesi di Aversa”.
Un’azione che condivide anche Salvatore Cuoci, il coordinatore del Comitato don Peppe Diana. “Lo proporremo al Vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, che è molto sensibile su questi aspetti. Per quanto ci riguarda – aggiunge – quel documento contiene il solco tracciato da don Peppe Diana e seguendo il suo insegnamento, noi vogliamo continuare a risalire sui tetti e riannunciare parole di vita. E’ questa la direzione che continueremo a seguire”