
Due uomini che più diversi tra loro non potrebbero essere, che si trovano al mattina nello stesso letto, che non sanno cosa hanno fatto la sera prima, che temono di aver commesso un delitto, son certo animali irresistibili per indagare comportamenti e mettere in scena differenze mai troppo distanti.
Ci prova, sorridendo con garbo da raffinata entomologa Andrée Ruth Shammah, e li osserva con la sua lente che ingrandisce comportamenti e difetti, il palcoscencio cioè, mettendo in scena al Teatro Mercadante “Il delitto di via dell’Orsina”. Produzione del Teatro Franco Parenti con Fondazione Teatro della Toscana, per il gioco elegante che la regista (suo anche l’adattamento meritevolmente rapido), ha affidato a Massimo Dapporto e Antonello Fassari in coppia sapiente, arricchita da Susanna Marcomeni, e poi da Marco Balbi, Andrea Soffiantini, Christian Pradella e Luca Cesa-Bianchi, ché il gioco dell’equivoco s’avvita e prende quota nel rapido sviluppo di incontri e personaggi, con certe loro bizzarrie in sussulti, come luci improvvise che cercano di rendere visibili pensieri segreti, imbarazzanti debolezze, comportamenti fragili. E quanto dovette divertirsi, nel paradosso della scrittura di Eugéne Labiche, il pubblico del 1857.
Oggi li vediamo con il sapore dell’impossibile che fa ancora più saporita la storia svelta di un quotidiano fuori tempo e del sospetto un po’ razzista che vuole un povero piuttosto mascalzone ed un ricco pronto a farsi spennare come un pollo. Ci scappa un morto a fare da motore, ma forse nemmeno questo è vero perché il tempo cancella ansie e sospetti.
E resta allora il piacere frettoloso e rapido di un borbottare incuriosito, di un non sapere che pesci pigliare, di parentele un po’ avide, di certi vecchi servitori saccenti e mariuoli che cedono il passo a svogliati giovinotti accomodanti. E che spasso il ritratto che ne esce del bel tempo che fu, quando per ritrovarsi tra vecchi amici del liceo passato bastava alzare il gomito a una cena e bere una bottiglia di champagne senza fare male a signorine amiche.
È un mondo che si disfa e che scompare, ce lo dicono i saluti sospesi dei personaggi per cui gli attori tutti sembrano avere affetto e tenerezza, ce lo mostrano le tappezzerie eleganti e consunte della scena di mobili pannelli a fare stanze, firmata da Marghertia Palli, l’eleganza blasé di comportamenti ed abiti disegnati da Nicoletta Ceccolini, e le luci di Camilla Piccioni.
Per un’ora e mezza di spettacolo che sembra volar via tanto è leggera l’aria respirata dalla gran coppia sapiente di Dapporto e Fassari, che di “granteatro” elegante hanno memoria e pratica, e tanto e lieve il percorso saporito, ironico e distratto, dello sguardo della Marcomeni. Un gran piacere insomma, con applausi, risate, e repliche ancora fino a domenica pomeriggio.
Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2022/02/18/news/napoli_recensione_teatro-338280468/?rss