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Il grammofono di Caruso torna a Napoli, il collezionista Pituello: “Il mio dono alla città, finalmente c’è il museo”

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Stamani la Casa Museo Enrico Caruso presenta i reperti donati dal grande collezionista Luciano Pituello: cinque grammofoni di cui uno appartenuto al tenore e 150 incisioni, indispensabili per ascoltare nella maniera più filologica la voce del tenorissimo. È una donazione storica, la prima di Pituello – 88 anni – alla città del tenore. Il collezionista friulano ha scelto il museo creato dal commerciante Lello Reale nella casa natale di Caruso in via Santi Giovanni e Paolo, in zona Ottocalli, inaugurato il 2 agosto nel centenario della morte di don Enrico. Quel giorno, Pituello fece ascoltare delle incisioni carusiane all’Hotel Vesuvio. Così farà anche oggi, con la partecipazione del cantante lirico Sergio Valentino e di Gaetano Bonelli, direttore della casa museo visitabile su prenotazione.


Pituello, cosa farà ascoltare?
“Sei brani, tutte arie d’opera e una sola canzone napoletana. Si festeggerà con la magica voce di Caruso nella casa natale, per me dimora attuale, ove sempre e solo lui canterà”.


È la prima donazione che fa a Napoli. Come mai?
“Sono stato in più occasioni in città per ricordare Caruso, dalla mostra del 1973 al San Carlo al 2 agosto di quest’anno al Vesuvio.
Ho sempre mostrato la mia disponibilità per costituire qui un grande museo, pronto a fare una donazione al Comune, ma non si sono mai manifestate le condizioni. Perciò ho optato per il museo di Lastra a Signa e per la Casa Verdi a cui la mia associazione “Museo Enrico Caruso” di Milano ha dato seimila dischi e 39 grammofoni”.


In passato provò ad acquistare la modesta casa natale di Caruso.
“Era il 1972, la proprietaria chiese quattro milioni delle vecchie lire. Non disponevo della cifra, nessuno mi aiutò. Ci riprovai nel 1974 e di nuovo nel 2016 con Lello Reale, che l’aveva da poco acquistata. Ho compreso allora il suo amore per questa casa, sono felice di come ha realizzato il museo. Il 4 marzo gli scrissi di aver appreso dell’apertura da Repubblica Napoli. La città ha iniziato in parte a riscattarsi nei confronti di Caruso, che illuminò la musica con il suo canto. E lo ha fatto con i privati”.


Di che anno sono i grammofoni?
“Intanto, sono tutti in ottime condizioni. Il primo è del 1902, adatto per i dischi carusiani di quel periodo, tra cui “Un bacio ancora” di Trimarchi, il più raro della Zonophone. Il secondo è del 1904: su questo si ascoltano i primi dischi americani, incisi dopo il debutto negli Usa del 1903 e il contratto con la Victor. Il terzo è un modello simile a quello che Caruso portò con sé dall’America a Sorrento durante la malattia: un giorno convocò gli amici per un concerto”.


Qual è quello appartenuto a Caruso?
“Il quarto, del 1914. Si vede in una foto di Caruso con il baritono Titta Ruffo. Il corpo è in rovere, la cassa e il diaframma sono molto particolari. L’ultimo, invece, è un Victrola. Solo con i grammofoni coevi di Caruso ci si avvicina a quella che poteva essere la sua voce originale, anche se nessuno potrà mai conoscerla”.


Ha avuto testimonianze dirette?
“Da Ettore Panizza, diresse Caruso nel 1907 e nel 1913. Gli chiesi ogni dettaglio. Panizza, aveva ascoltato anche le incisioni: “Non cercarla qui”. Quella voce dolce, penetrante, non può essere riprodotta con mezzi del genere, anche se straordinari. I tenori sono schiavi della melodia, pensano sempre a raggiungere il do.
Caruso trovava il significato del racconto. E l’opera è un racconto. Panizza mi disse che durante una recita, Caruso attaccò “E in povertà mia lieta, scialo da gran signor”: fu talmente estasiato di come quella voce comunicava quella bellezza, che andò per aria con l’orchestra”.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2021/10/17/news/il_grammofono_di_caruso_torna_a_napoli_pituello_il_mio_dono_alla_citta_finalmente_c_e_il_museo_-322575869/?rss

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