
«Questa è una tragedia dall’elevato grado di prevedibilità. Lo è perché Casamicciola è una zona a rischio, da sempre, e l’alluvione del 2009 non ha insegnato niente. Ma lo è soprattutto perché l’uomo ha ancora una volta violentato il fianco dell’Epomeo, cementificandolo, senza che questo avesse conseguenze». È l’accusa di Peppe Mazzara, presidente del circolo ischitano di Legambiente.
Perchè l’isola d’Ischia frana?
«Perché l’uomo ha iniziato a occupare spazi sempre più impraticabili, mentre la politica locale non è stata all’altezza di pensare a una diversa pianificazione e gestione del territorio, rispettosa dei luoghi. Qui, dopo il terremoto del 2017, c’è stata una spinta anche emergenziale a costruire più in alto: non aver impedito una ulteriore urbanizzazione, per di più in zone improbabili, è una grave responsabilità».
Si è costruito dove non si doveva, insomma.
«Forse una delle cause remote del disastro va cercata nel modo in cui si è voluto gestire il terremoto: siamo l’unico Paese al mondo dove per risolvere i danni di un terremoto si ricorre a un condono edilizio. Le immagini parlano chiaro: sono spuntate case non solo all’interno di un’area evidentemente boschiva, ma anche su pendii scoscesi, tra il Rarone e Pera di Basso. E al netto dei condoni, si tratta di zone non adatte a una occupazione residenziale».
Lì non si doveva costruire né abitare.
«Certo che no. Non a caso, per secoli non si è mai abitato così in alto, sull’Epomeo. Negli ultimi decenni, invece, l’uomo ha iniziato a sottovalutare i rischi, in primis quello idrogeologico, e a noi non è rimasta altra scelta, osservando a occhio nudo il proliferare di case. Ma denunciare non è bastato».
Legambiente aveva alzato la voce anche dopo l’alluvione del 2009.
«Sembra un déjà-vu ed è questo ciò che più di tutto ci fa infuriare: non si possono definire inattese le conseguenze di precipitazioni violente in un territorio così fragile e cementificato. Speriamo che questa tragedia sia l’ultima».
In che modo?
«È fondamentale un’azione di prevenzione sul territorio, mentre invece si stanziano più risorse per l’emergenza che per la manutenzione preventiva. E basta parlare di sanatorie e condoni, che si traducono in vere e proprie condanne per la vita dei cittadini».
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