“Preferisco passare la vita in bilico, rischiando tutto, piuttosto che trovarmi a dire ‘l’avessi fattò”. E’ così, sul suo profilo Instagram che conta numeri da influencer con i suoi 623mila follower e zero seguiti, che Jago presenta la sua prima grande mostra, quello che lo vedrà protagonista con la sua classicità social a Palazzo Bonaparte, nel cuore di Roma, dal 12 marzo al 3 luglio. Si chiama ‘JAGO. The exhibition’ ed è un viaggio in cui l’artista mette in gioco tutto il suo lavoro che non è solo creazione di opere d’arte, in gran parte scolpite nel marmo, alla maniera classica, ma una vera immersione nella realtà che lui persegue in strada e sui social, come compete ad un ragazzo della sua generazione (classe 1987).

Da maggio 2020 Jago ha scelto con vocazione sociale di risiedere a Napoli dove ha aperto un suo frequentatissimo studio nella Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi nel quartiere Sanità. Ed ora la mostra ospiterà anche a Palazzo Bonaparte una sua dependance, uno studio dove ospitare pubblico fisico e fare collegamenti digitali, a modo suo. Una filosofia multitasking, che si ritrova coniugata nelle opere di questa esibizione – prodotta e organizzata da Arthemisia con la collaborazione di Jago Art Studio – fortemente materica e simbolica, curata non a caso da Maria Teresa Benedetti, che quando l’artista aveva 24 anni lo segnalò a Vittorio Sgarbi curatore del Padiglione Italia per la Biennale di Venezia del 2011.

Lì espose il busto del Papa Benedetto XVI che poi fu rielaborato in Habemus Hominem, quando divenne emerito. Lo spogliò in sostanza e qui la pratica del denudamento del marmo viene proposta in una suggestiva proiezione video sul soffitto della sala in cui l’opera viene esposta. Un denudamento che ne esalta l’umanità, così nella bella Venere anziana nella stanza illusoria degli specchi che apre l’esposizione. Simbolica come la figura del Figlio Velato, bambino sottratto alla vita e coperto da uno straccio, metafora dell’eterna perdite dell’infanzia fino alle migrazioni e alla guerra di oggi. Per non parlare della Pietà, con il padre che sorregge il figlio adolescente o il piccolo feto (The First Baby) scolpito in marmo e affidato alle cure dell’astronauta Luca Parmitano che lo ha portato nello spazio nel 2019, tornato in Terra l’anno successivo.

“Artista contemporaneo che ha già ottenuti riconoscimenti di artisti classici”, come lo definisce Maria Teresa Benedetti, mentre lui parla di se stesso con molta umiltà. “Entro in questo luogo in punta di piedi – dice Jago – perchè per 15 anni mi sono occupato di comunicare il mio lavoro usando i social, mettendoci oltre 18 mesi per realizzare una scultura che ho cercato ogni volta di raccontare. Godo come le cose vengono al mondo. Così come la fettuccine che se sono fatte dalla nonna hanno un altro sapore. Ma a chi non piace la mostra può sempre godere delle finestra magnifiche che affacciano su Piazza Venezia”.
