“Il Ministero del lavoro si deve interessare delle istanze delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo, concordo con Roberto Andò. Ma non solo: anche il Ministero del Turismo”. Così Mario Martone, impegnato allo Stabile con le prove del suo nuovo spettacolo “Il filo di mezzogiorno” (che si spera possa andare in scena a maggio) ieri a confronto con attori, tecnici, sarte, elettricisti e macchinisti del Coordinamento Arte e Spettacolo Campania nel quarto giorno di protesta in assemblea permanente al Mercadante.

Il regista napoletano dice la sua sulla crisi del teatro e dello spettacolo dal vivo: “È un momento in cui bisogna provare a immaginare soluzioni nuove. Le risorse destinate alla cultura in Italia sono molto inferiori al resto d’Europa, questo si sa. Certo bisogna riequilibrare: esistono bilanci nei teatri pubblici da rispettare. Da direttore di un teatro Stabile ho evitato sempre sperequazioni. Ma ho visto attori bravissimi percepire paghe basse, mi mortificavo anche se non dipendeva da me. L’Italia è un paese che non ti considera quanto ti deve considerare”.
Martone, regista di opere teatrali e di film, già direttore dello Stabile di Torino, dell’Argentina a Roma e condirettore dello stesso Stabile di Napoli nel 2003, ribatte alle domande dei lavoratori in assemblea al Mercadante: “Per il futuro dobbiamo immaginare i teatri, non il teatro. Per chissà quanto tempo avremo problemi con il Covid e dovremo portare le mascherine. Ora va fatto il cambiamento. Più teatri, immersi nel territorio e nelle periferie, per questo va coinvolto anche il Ministero del Turismo. Il teatro diffuso crea freschezza creativa e lavoro diffuso e capillare. Bisogna rendere i territori luoghi dove da tutto il mondo vengano le persone non solo per visitare un sito archeologico, ma anche per il teatro, sperando si possa ritornare a viaggiare. Teatro quindi non solo come memoria, ma ricchezza del presente”.

Il teatro è un fattore economico per il paese, Martone insiste: “È un punto da cui non si può prescindere e andrebbe messo sul tavolo di ogni trattativa. La pandemia è un’occasione per analizzare l’impatto reale del teatro in Italia sull’economia e la convivenza delle persone. Domandiamoci: che valore ha il teatro in Italia anche per chi viene dall’estero? Abbiamo teatri, teatri lirici, solo qui a Napoli cose straordinarie, a partire dalla maschera di Pulcinella. La cultura e il teatro dovrebbero essere sostenuti per il loro lavoro civile, sono la coscienza di un paese, ma invece si è costretti a rimanere in una impostazione politica, sociale ed economica che per questi settori ha poco interesse”. I lavoratori in presidio chiedono al regista di commentare le risorse date ai teatri in questi mesi di emergenza sanitaria: “Inevitabilmente si è andati avanti con interventi dall’alto – dice il regista de “Il giovane favoloso” – sono stati sostenuti organismi pubblici che rappresentano l’ufficialità e la stabilità del teatro italiano per poi sostenere l’indotto. Ma è un criterio da rovesciare. Bisogna ripensare il teatro e guardarlo dal basso, cioè dalla sua dimensione collettiva, dalla parte dei lavoratori. Il teatro, il cinema e la musica sono lavori collettivi. Come in una fabbrica, anche nel teatro ognuno è parte del processo produttivo”.
Martone riflette ancora sul ruolo del teatro pubblico: “Non può guardare agli incassi come il privato”. E poi elogia soluzioni dal basso come il Nest di San Giovanni a Teduccio. Il teatro pubblico Stabile non è l’unica possibilità di creazione. “Il Mercadante, che è un cuore di Napoli, ha una grande storia, ma ricordate? È stato chiuso per anni e anni, la questione di un teatro stabile a Napoli è stata annosissima, se n’è occupato perfino Eduardo De Filippo: per molto tempo lo Stabile a Napoli non c’era. Eppure negli anni ’70 a Napoli il teatro non è stato più scadente perché non esisteva il teatro stabile. Il teatro pubblico deve essere un organismo poroso e aperto”. Nel pomeriggio il Coordinamento Arte e Spettacolo Campania ha realizzato un collegamento con l’Odéon di Parigi occupato da quasi un mese e con il Piccolo di Milano, occupato due giorni dopo le contestazioni napoletane con l’intervento della polizia.