
«Non è accettabile che in un luogo come Ischia, tra i più belli al mondo, accadano disgrazie del genere. Se c’è qualcuno che è stato disattento, negli ultimi decenni, consentendo di mortificarne il territorio in modo scriteriato, è giusto che paghi. Questo è il giorno del dolore, ma è anche il giorno della rabbia». Lo scrittore Maurizio de Giovanni, autore della fortunata serie di romanzi con il commissario Ricciardi, è un frequentatore abituale di Ischia. «Sono vicino agli abitanti dell’isola, sfregiata dall’ennesima tragedia. Inammissibile, proprio perché non possiamo esserne sorpresi».
Era in un certo senso annunciata?
«Guardi, è ben noto il grado di dissesto idrogeologico dell’isola, e segnatamente di Casamicciola, che non a caso ha ispirato un’espressione popolare: ‘è successa una Casamicciola’, si dice, per significare un evento imprevisto, una calamità. E se un terremoto come quello del 2017 è un episodio imprevedibile, non certo può dirsi inaspettata una pioggia, ancorché torrenziale, a novembre. Non è arrivato l’uragano Katrina, non è esondato alcun fiume. C’è stata una pioggia importante, come ce ne saranno sempre più, e sempre più spesso. Criminale farsi cogliere impreparati. Criminale».
Mancata mitigazione del rischio o edificazione eccessiva?
«Entrambe. Non posso esprimermi nel dettaglio degli edifici crollati, non avendo competenza specifica, ma l’edificazione selvaggia cui è stata sottoposta Ischia nei decenni è sotto gli occhi di tutti. Non parlo di ecomostri, ma di costruzioni fitte, edificate non di rado in aree a rischio. E non possiamo pensare che a fronte di fenomeni climatici sempre più estremi la natura non ci chieda di pagare un conto».
La politica è stata connivente?
«Credo che in un Paese civile se un cittadino vuole costruire in un luogo in cui è illogico costruire debba essere fermato subito. Ancor prima che si ragioni di condoni. Non è ammissibile che siano le tragedie, in questo Paese, a farci accorgere di cosa non ha funzionato. Siamo il Paese che parla ex post. Ma non si commetta l’errore di considerarla una storia del Sud. Perché questa è soprattutto una storia italiana: abbiamo visto scene simili ovunque, dalla Liguria all’Abruzzo. Stavolta non c’è una questione meridionale».
Ha sentito le parole di Salvini sul numero dei morti?
«Certo. E non è la prima volta che Matteo Salvini ci casca, tradendo una ricerca del sensazionalismo. Noi eravamo col fiato sospeso e, per mera frenesia, per il desiderio incontrollabile di stare molto sul pezzo, si dicono sciocchezze. Le dice chi dovrebbe avere informazioni dal campo, di prima mano. Non ho parole. E poi questa cosa dei numeri non mi piace: riduce le vittime a statistiche, annullando volti e storie, proprio come accade per i migranti, ma quella – ecco – è un’altra storia».
Questa come andrà a finire? De Giovanni, Ischia si rialzerà?
«Certo, l’isola è meravigliosa, amo definirla come la parte verde del nostro azzurro: negli anni l’hanno amata i tedeschi prima, poi i russi, oggi sempre più gli americani. Ma all’indomani della tragedia, dopo aver pianto i morti, questo Paese deve capire che se vuole realmente puntare sul turismo non può più consentirsi più di trascurare il territorio, di mortificarlo, direi anche di aggredirlo. La bellezza va custodita con cura. Ne va del nostro futuro».