
CAIVANO (NAPOLI) — «Cosa sta succedendo? Hanno ritenuto di dovermi tutelare e mi hanno dato dei fratelli che mi accompagnano». È la scorta spiegata ai fedeli, secondo don Maurizio Patriciello, il parroco del Parco Verde a Caivano (Napoli), che per anni è stato portavoce della battaglia dei cittadini della Terra dei Fuochi, tra le province di Napoli e Caserta, contro l’avvelenamento dell’ambiente. Don Maurizio da un po’ di tempo è oggetto di intimidazioni da parte della camorra.
L’ultimo episodio nella notte tra venerdì e sabato. Qualcuno ha legato un cartello legato con un filo di ferro fuori il cancello della chiesa, con la scritta: “Bla bla bla pè mo”. Che potrebbe voler dire: “Solo chiacchiere, per il momento”. Lo scorso 12 marzo dinanzi al cancello della parrocchia è stato fatto esplodere un ordigno. Nella zona non ci sono telecamere e nemmeno fuori la chiesa. Nessuno ha visto o sentito nulla. La nuova minaccia è arrivata il giorno dopo l’incontro in prefettura a Napoli con la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese e due giorni dopo che a don Maurizio è stata assegnata la scorta.
Ieri mattina il parroco di Parco Verde, quando è arrivato in parrocchia ha trovato altri striscioni appesi ai cancelli della chiesa. Stavolta erano pieni di scritte contro la camorra e a favore della pace. Neanche questo era scontato. I fedeli non lo hanno lasciato solo, anzi. Così alla fine della messa delle 10,30, ha cominciato a dire: «Io ho sempre avuto rispetto delle mamme che piangono i loro figli. Ma voi sapete quante volte abbiamo detto alle mamme: “Se tuo figlio porta a casa anche una zeppola di San Giuseppe e lui non sta lavorando, tu non la devi mangiare. E gli devi chiedere: “ma chi ti ha dato i soldi per comprarla?”. E se veramente sei una donna che si fa rispettare, devi prendere quella zeppola e dargliela in faccia. Sarai disposto a fare questo mamma?», chiede don Maurizio. «Se farai questo, hai salvato tuo figlio. Ecco, allora capite il perché della scorta e tutto il resto — insiste don Patriciello — E’ il vangelo che dice ama. La camorra e la mafia si nutrono del silenzio dei buoni. E se c’è una cosa da non fare mai, è starsene zitti».
Finisce con un lungo applauso e con l’abbraccio di Augusto di Meo, testimone dell’omicidio di don Peppino Diana e di Luigi Leonardi, testimone di giustizia.