
Non è ancora arrivato il giorno dei controlli ma la lista dei ristoranti “No green pass” è già quasi completa. Decine di locali tra Napoli e provincia che, con un tam tam sui social hanno deciso di sfidare la legge (che scatta domani) e accogliere clienti senza chiedere documenti. «Una scelta di vita, ormai – spiega un anonimo ristoratore del centro di Napoli– non ci pieghiamo a regole che sono dannose per noi e l’intera categoria. Apriremo le nostre porte, rischiando multe, magari anche la chiusura ma almeno resteremo coerenti». Un’iniziativa che corre via WhatsApp e Telegram, un elenco che ora dopo ora diventa più folto, tutto rigorosamente clandestino. Una ribellione alla regola che sta per entrare in vigore.
E mentre il tam tam corre sui social i ristoranti al chiuso che dovranno applicare il via libera con il documento verde e non vogliono boicottarlo masticano comunque amaro. Dopo il distanziamento, il controllo della temperatura all’ingresso, ora la verifica dei vaccinati e la richiesta dei documenti. La categoria dice di no al decreto che da domani diventerà regola ma a malincuore, promette di adeguarsi alla legge. «Non si può imporre all’imprenditore di fare il controllore – attacca Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania- Il Green Pass è come una patente per guidare, non tocca certo all’esercente controllare e comminare l’eventuale multa a chi non ce l’ha. Le nostre attività possono e devono garantire il distanziamento e l’igienizzazione dei locali, devono tenere in ordine e con le mascherine il personale, possono e devono misurare la temperatura ai clienti, ma non certo possono sostituirsi allo Stato nel controllo del possesso del certificato verde. Già sulle imprese grava il rischio economico, l’onere dei controlli non deve gravare sugli imprenditori, non è corretto». Schiavo accetta le nuove restrizioni, sperando che servano a non assistere a nuove chiusure ma insiste «la vigilanza sui Green Pass non può spettare a chi fa impresa cercando di far quadrare i conti». È critico anche Massimo Di Porzio, presidente Fipe Confcommercio Campania, nonostante riconosca che il provvedimento è giusto. «Chi si occupa di turismo deve abituarsi ad avere a che fare con questi documenti, sono favorevole all’idea ma il problema è che noi facciamo da cavia, come sempre. Non hanno avuto il coraggio di estenderlo ad altre categorie come i trasporti, senza chiarire bene punti importanti e mettono noi in prima linea, anche stavolta».
Ogni ristoratore dovrà scaricarsi la app del ministero, da cui controllare attraverso un tablet o lettore qr code, se il Green Pass del cliente è valido o no. Ma dovrà controllare anche i documenti di identità. «È semplice ma è un impegno in più – continua Di Porzio – Alcuni colleghi del catering ci hanno raccontato che spesso la app si blocca e poi è impegnativo il controllo dell’identità, potrebbe essere falsa, non appartenere a quella persona, non possiamo certo fare i poliziotti. L’ufficio legale Fipe ci dice che non c’è obbligo di controllare documenti, ma se arriva un controllo al ristorante e vede il Green Pass falso a chi fa la multa a lui o al ristorante? Non vogliamo che su di noi pesino queste responsabilità, il controllo dell’identità non ci compete. Spero che il Green Pass invogli a far venire a cena più clienti, avranno maggiore sicurezza». È furiosa Nives Monda, della taverna Santa Chiara, 34 posti al chiuso, annuncia un’altra petizione (dopo quella con cui ha raccolto 12.900 firme per gli indennizzi ai locali senza dehors rimasti chiusi in zona gialla lo scorso aprile) per chiedere di ospitare anche chi non ha Green Pass ma sistemarlo in un’area dedicata del locale, per non lasciare fuori nessuno: «Noi rispetteremo la legge – promette Nives – ci siamo già attrezzati ma è un sistema di regole ingiusto, folle. Avrebbero dovuto imporre l’obbligo vaccinale, non scaricare tutto sui pubblici esercizi. Arriverà il cliente alla porta che non vorrà esibire il documento e noi chiamiamo i carabinieri?». Poi c’è il nodo dei giovani dai 12 anni in su, anche per loro è richiesto il Green Pass. «Per venire a cena, i genitori vaccinati dovranno fare tamponi ai loro figli, se non vaccinati…Rinunceranno di certo o sceglieranno locali all’aperto e noi perderemo clientela».
«Si va a colpire la categoria della ristorazione che ha già dato con gli interessi per la pandemia – attacca Antonino Della Notte, presidente Aicast, il provvedimento non ha nessun senso. Perché non lo hanno applicato ai centri di maggior contagio come i centri commerciali, i supermercati, i mezzi pubblici?».Anche Ida Giugliano di Mimì alla Ferrovia accusa: «Un’ulteriore stangata che indurrà le persone a scegliere locali all’aperto. Nel nostro ristorante ci sono più turisti che napoletani e controllare i documenti vuol dire mettere una persona all’ingresso. Tra l’altro i clienti sono restii a mostrare documenti, diventa imbarazzante. Non siamo poliziotti».