
Impacciato Robertino di “Ricomincio da tre”, tra le figure più iconiche dell’intera, fervida produzione di Massimo Troisi, ma anche indimenticato Dottor Cazzaniga di “Così parlo Bellavista” e de “Il mistero di Bellavista” di Luciano De Crescenzo. Anche Napoli piange Renato Scarpa, morto oggi improvvisamente nella sua casa di Roma all’età di 82 anni. Classe 1939, Scarpa aveva recitato anche in “Un sacco bello” di Carlo Verdone (era Sergio, in procinto di partire con il protagonista per la Polonia) e in “Habemus Papam” di Nanni Moretti.
Irresistibile nell’interpretazione del milanese borghese trapiantato a Napoli nelle vesti di direttore del personale dell’Alfa Sud, a Pomigliano d’Arco, il suo Dottor Cazzaniga è stato e continua a essere la riuscita caricatura di due mondi che s’incontrano, la laboriosità serietà meneghina che irrompe nelle viscere dell’effervescente microcosmo della Napoli degli anni ’80.
Memorabile lo sketch del suo arrivo in città, avvicinato – non senza esibire un malcelato fastidio – da un venditore ambulante e in balia del traffico a bordo di un taxi. “Ma scusi, non ha visto quanto traffico c’è là fuori?”, chiederà Cazzaniga entrando in un bar. “Non me ne parlate”, gli risponde, comodamente seduto, un vigile urbano. E ancora: bloccato nell’ascensore con Gennaro, avvia un dialogo surreale su riti e tradizioni di Natale, Milano versus Napoli, “topos” poi ripreso da film come “Benvenuti al Sud”. “Dottò, io la facevo diversa, più nordico”, dirà Gennaro, con riferimento al senso del dovere. Per poi arrivare, con riferimento alla moglie tedesca di Cazzaniga, al celebre “si è sempre meridionali di qualcuno”.
Con Luciano De Crescenzo Renato Scarpa ha recitato anche in “32 dicembre”, un film a episodi del 1988 interpretando il figlio di Carlotta, una nonna di 65 anni ancora piacente, in vacanza (segreta) a Capri con il suo innamorato Ferruccio, che deciderà di sposare spiazzando l’intera famiglia, per evidenti questioni di eredità.
Ma il nome di Scarpa è certamente legato alla scena “cult” di “Ricomincio da tre”, in cui il suo Robertino è un uomo complessato (bamboccione, si direbbe oggi) che deve fare i conti con la madre opprimente. “Non feci altro che pigiare sulla mia autobiografia di figlio unico di madre vedova e orfano di guerra e nacque il personaggio di Robertino, che mi fece sentire per la prima volta celebre”, ha raccontato Scarpa.
E di quel rapporto privilegiato con Troisi, disse: “Lavorare con Massimo è stata una grande fortuna. E’ stato un dono per me potergli stare vicino, lo considero un regalo che mi ha fatto la vita. Massimo era un inusuale e limpido professionista, ma prima di tutto un uomo dallo sguardo trasparente. Ebbi subito per lui una grandissima simpatia, ci intendemmo immediatamente”. Con Troisi Scarpa recitò anche ne “Il Postino”, l’ultima fatica di Massimo, con la direzione di Michael Radford: si girava a Procida, lui interpretava il capo telegrafista Giorgio Serafini, datore di lavoro di Mario Ruoppolo. E tra i registi napoletani, è stato scelto anche da Matteo Garrone per una parte ne “Il racconto dei racconti”.