Non è facile “raccontare” un attore. È figura che compare e scompare, è corpo che sfugge, è scena che s’illumina, è parola che si esalta, vera o bugiarda, sempre verosimile come una battuta ben recitata. Se poi l’attore è Peppe Barra, una vita, davvero una vita, trascorsa in palcoscenico a moltiplicare il suo volto in mille altri lasciandosi sempre inalterato e riconoscibile, l’impresa è ambiziosa.

Ci ha provato Conchita Sannino, giornalista di lungo corso che sa come ” strappare” le parole per interviste quasi impossibili da trasformare in un libro ( in uscita oggi, si presenterà il 17 novembre alle 17.30 al teatro Bellini) gustoso e pieno di notizie, suggerimenti, racconti di vita, sguardi obliqui a scrutare la città labirinto, Napoli, scelta come mèta e riposo, condanna e gioiosa dimora, pausa del girovagare tra i palcoscenici del mondo.
Quanto ha “girato” Peppe Barra? Sannino non fa certo l’elenco di luoghi e date, ché sarebbe tranello della noia, fa domande amichevoli come trappole liete all’attore. Per dire, ad esempio, di giorni lontani, degli anni della Nuova Compagnia di Canto Popolare, di piccoli teatri di provincia, dei grandi teatri come quello sovietico con migliaia di spettatori, immobili e silenziosi per il tempo lungo del concerto, balzati poi in piedi, e battendoli per terra – ” da loro si usa così: e noi che credevamo di ricevere un mare di fischi”. Il teatro è miracolo senza confini e il racconto di Peppe Barra consegnato alla penna di Conchita Sannino è un’avventura iniziata in anni ormai tanto lontani che sembrano leggenda.
L’autrice ne descrive le ansie infantili, con mano pudica ci mostra la città dirupata che l’accolse, venuto dalla sua Procida, dimora incantata, con nonna e famiglia non proprio agiata. Una stanza al vico Vasto, dietro la “città bene”, per tutta la famiglia: papà Giulio, mamma Concetta, quattro fratelli e la nonna, in tutto sette persone. Roba per poveri, perché il varietà di Giulio e Concetta non era più amato e di soldi ce n’erano pochi. Ce lo mostra questo libro di memorie traslate, di interrogativi posti e di risposte che, come in un labirinto ingannevole, portano distanti dal punto di partenza ma non alle porte d’uscita della memoria. Il Teatro è da sempre gioco di quinte messe insieme a rappresentare realtà possibili, verosimili universi. E Peppe Barra è teatro. Allora come non vedere con tenerezza lo sguardo spaurito che osserva la città cadente che lo accoglieva, offrendogli però l’incontro, determinante per la sua formazione prima e la sua vita poi, con Vera Maggiulli, la “mitica Zietta Liù” che lo instrada allo stupore della recitazione stimolando in lui il gusto dell’invenzione e della fantasia? E quelli con Roberto De Simone, e con Lamberto Lambertini, a costruire sogni e successi di teatro e di vita.
Conchita Sannino ha il garbo dell’amicizia curiosa, si spinge e lo spinge verso analisi più complesse in cui la città- sirena si mostra impudica con le forme abbondanti e le contraddizioni che feriscono. ” Si fermi, provi a guardare fuori, che Napoli era?” e pronta la risposta crudele. “allora ci vogliamo fare del male?” anticipa critiche e visioni che s’inteneriscono quando gli si chiede di ricordare un sogno. Sogni premonitori forse, o forse sogni bugiardi che illudono la madre e il figlio, come i responsi di una misteriosa Sibilla. “Chi era Concetta?” è la chiave che apre altre porte, altri ricordi, un altro tempo lungo di amore e complicità. È la storia di Peppe Barra nell’allegria che fa sentire la sua risata irrefrenabile e contagiosa quando scoppia a rompere le regole silenziose che l’opprimono. Come uno scugnizzo impertinente che guarda il dito alzato della maestra e non le dà peso. Gli incontri con tanti per un attore popolare come un santo laico, di quelli che quando cammina per strada è tutto un fermarsi a parlare, per un selfie sorridente, per una stretta di mano, per un paragone che sfiora il ridicolo. “La Gatta” è pietra miliare di successo e sofferenza lontana. L’ultimo spettacolo è nuova felicità. Salgono alla memoria tanti nomi. Politici, gente comune, potenti diventati amici e amici che non l’hanno mai tradito. Storie piccole e grandi di una vita messe insieme nei sei capitoli, più un Prologo che fa entrare in casa il lettore senza sentirsi intruso. Si chiude il libro che sembra un romanzo. Ci si chiede cosa si diranno, l’attore e la giornalista, nel giorno rumoroso degli applausi che cancellano l’intimità della parola.
Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2022/11/11/news/peppe_barra_lo_sguardo_di_napoli-374096833/?rss