
Per due grandi musicisti, per due amici. Ron parteciperà sabato prossimo (19 marzo) al Palapartenope al concerto “Je sto vicino a te 67”, dedicato a Pino Daniele e sarà poi il 2 aprile nell’auditorium Sirene Hilton a Sorrento con il suo show “Chissà se lo sai”, canzoni di e per Lucio Dalla.
Ron, in che modo ricorderà Pino Daniele al Palapartenope?
“Canterò ‘Quando’, accompagnato dagli archi arrangiati da Adriano Pennino. Esattamente vent’anni fa facemmo un tour negli stadi con Pino, Francesco De Gregori e Fiorella Mannoia. Entravamo uno nelle canzoni dell’altro. Pino mi disse: tu potresti cantare la seconda strofa di ‘Quando’. E così fu”.
Ma sabato non canterà solo la seconda strofa, la farà tutta…
“Tutta intera, e spero anche di cantarla bene”.
Che ricordi ha di quel tour?
“Era incredibile stare sul palco con tutti loro. Il concerto si apriva proprio con un pezzo del mio repertorio, “Una città per cantare”, io ero il primo ad aprire bocca. Poi ciascuno di loro tre cantava una strofa. Era commovente. Io li amavo tutti, ascoltavo sempre i loro dischi, ma non credevo che anche loro mi volessero bene”.
Conosceva Pino Daniele prima di partire per quel tour?
“Avevo molta familiarità con De Gregori e con la Mannoia, ma Pino lo avevo visto poche volte”.
Come avvenne l’incontro?
“Un’estate, qualche anno prima, andai a trovare Lucio Dalla alle Tremiti. A sorpresa, trovai anche Pino con la sua prima moglie e i suoi due figli più grandi. Passammo giorni indimenticabili, facevamo il bagno e andavamo tutti insieme sulla barca di Lucio. Pino non si separava mai dalla sua chitarra, se la portava sempre dietro, stava sempre a suonare. Io gli chiesi: ma tu non stacchi mai? E lui mi rispose: tra qualche anno non ci vedrò più tanto bene, voglio suonare ora più che posso. Mi lasciò senza parole”.
Durante il tour la vostra amicizia si rinsaldò.
“Sì, voleva entrare e uscire dal palco appoggiandosi a me, sempre per quei problemi alla vista. Però una volta abbiamo anche litigato.
Insomma, è stato un rapporto intenso”.
L’omaggio a Dalla il 2 aprile….
“È il format che sto portando in giro da tempo. Le sue canzoni, le canzoni che ho scritto per lui come ‘Attenti al lupo’, quelle che abbiamo scritto insieme come ‘Piazza Grande’ e altre”.
È vero che ‘Piazza Grande’ è stata scritta a Napoli?
“Eravamo appena salpati da Napoli su un traghetto diretto in Sicilia. Ero con Lucio e con il suo gruppo, avevo diciott’anni. Non avevo mai scritto niente. A un certo punto mi accorsi che tutti si erano addormentati, Lucio per primo. Presi la chitarra, cominciai a strimpellare e canticchiare un motivo inventato lì per lì”.
E cosa accadde?
“Lucio si svegliò e mi disse: bella ‘sta cosa, ma potresti aggiungere questo refrain. E me lo cantò. Nacque così la musica di “Piazza Grande”. Inventata in mezzo al mare, sotto il sole. Anche se poi Bardotti e Baldazzi ci scrissero sopra un testo che invece era la storia di un barbone che viveva ai margini di una grande città”.
Ricorda la prima volta che incontrò Dalla?
“Avevo sedici anni e qualcuno mi aveva notato a un concorso per voci nuove. Fui invitato a Roma, nella sede della Rca. Ci andai con mio padre. Mi dissero: abbiamo una canzone per te, potresti portarla a Sanremo: non osavo crederci”.
E qual era questa canzone?
“Si presentò Lucio, occhialini, barbone. Mi fece ascoltare ‘Occhi di ragazza’ ma a Sanremo venne scartata, che lungimiranza, eh? Dopo un po’ di tempo la lanciò Morandi e fu un grande successo. Io a Sanremo ci andai lo stesso, ma con un altro pezzo”.
Nel ’96 però il festival l’ha vinto, con ‘Vorrei incontrarti fra cent’anni’.
“Eh sì, le cose cambiano. Ci tornai ancora nel 2018 con “Almeno pensami”, un inedito di Lucio di cui neanche sapevo l’esistenza, trovato per caso tra le sue carte. La cantai e mi emozionai tantissimo, ebbi l’impressione che lui fosse con me su quel palco. Lucio c’è ancora da qualche parte, come c’è ancora Pino. Non riesco a parlarne che al presente”.