
Le ultime ore di apertura del Disney store di via Toledo passano lente. Dopo 22 anni, alle 17 di domani il negozio chiude, la multinazionale sceglie la strada delle vendite online. Cala il sipario sui 22 lavoratori, spinti nel limbo della disoccupazione, quasi tutte donne, quasi tutte over 45 . Stessa sorte per il punto vendita di Marcianise, tutti a casa i 13 dipendenti. Ma la passione per chi ha lavorato a stretto contatto con il mondo dei sogni di Disney e con i più piccoli, non si ferma nemmeno davanti ai licenziamenti. I 22 dipendenti di Napoli domani alle 17 hanno organizzato un saluto con i clienti più affezionati, prima di abbandonare un luogo amato da migliaia di bambini, frequentato da altrettanti adulti, genitori e non.
Non c’è voglia di sorridere. Nel negozio che, prima della pandemia accoglieva anche 600 mila ingressi annui, anche ora c’è una folla di clienti, arrivati ieri per approfittare delle ultime offerte. Prendono quel poco che resta dagli scaffali ormai vuoti, senza sorrisi. Pochissimi i bambini presenti. A mezzogiorno ci sono solo Giorgia e Benedetto, 6 e 9 anni. Guardano disorientati un luogo che non riconoscono più. «Perché non ci sono più i giocattoli?», chiede la bimba alla mamma, tirandola per la mano verso l’uscita. «Le prometto che non comprerò mai on line», continua a ripetere la donna alla cassiera. Tanta tristezza tra i dipendenti. «Ho visto nascere questo luogo – racconta Marco De Luca – non riesco a capacitarmi che da domani sarò disoccupato». I lavoratori riceveranno la Naspi, il trattamento di disoccupazione, senza accedere alla cassa integrazione, non attivata per nessuno dei lavoratori.
Quindi un percorso più breve verso la mobilità: è questo quello che spaventa gli operatori. «Abbiamo tutti tra i 45 e i 50 anni – dicono – non riusciremo a trovare lavoro facilmente, il futuro ci spaventa». Spiderman sorride ancora dal pannello rosso e blu, il cartello con l’invito ad entrare nel mondo delle principesse accompagna ancora all’ingresso i clienti come il volto di Mickey Mouse al centro del pavimento. Ma i mille gadget del film del momento, i pupazzi del classico mondo di Disney, delle favole di un tempo e degli eroi più recenti sono spariti. Quest’estate, all’arrivo della notizia, i dipendenti avevano manifestato davanti al negozio. Con loro il segretario generale Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci: «La decisione di chiudere il Disney store di Napoli rappresenta una pugnalata alle spalle per i dipendenti – aveva detto – Il prezzo della pandemia non devono pagarlo i lavoratori. Una catena internazionale come Disney che decide di chiudere e licenziare per favorire l’e-commerce è quanto di più sbagliato ci possa essere nelle politiche economiche e commerciali di questo Paese. No all’acquisto dal divano di casa, sì al mantenimento dei posti di lavoro». Da allora, però, i mesi sono passati e il percorso, inesorabile, verso i licenziamenti si è compiuto, nel silenzio della politica. «Non abbiamo sentito nessuna parola di solidarietà né del sindaco né del presidente della Regione – accusa Marco – forse se ci fosse stato un negozio a Salerno lo avremmo sentito, chissà si sarebbe battuto per noi…». E invece, ancora una volta vince una multinazionale e sulla cassa che batte gli ultimi scontrini mette un cartello “Grazie per essere stati con noi”, un modo gentile per dire “The end”. Tina Fusco, 41 anni, due figli di 12 e 8 anni, un marito vigilante part-time, un mutuo da pagare e la lotta contro un carcinoma al seno, non si rassegna. «Sono distrutta, in questo negozio ho cresciuto la mia famiglia – dice, tra le lacrime – mi fa tanta rabbia, in 5 mesi è crollato il mio mondo. Abbiamo sempre detto ai bambini di continuare a sognare, perché Disney è magia, ma ora è finito tutto. A quella magia non crediamo più».