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Troisi, la leggerezza del sorriso

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Una bella fotografia di Troisi calciatore lo ritrae mentre cerca di spiazzare il portiere con una finta. La mano dell’ultimo uomo davanti alla porta si spalanca per fermare il pallone. Massimo è lì, a pochi metri. L’espressione del viso è luminosa. Consegna il divertimento puro del gioco, la felicità di un uomo ritornato bambino tirando quattro calci sull’erba.

Quel sorriso fuggevole e intenso mostra la smisurata passione dell’artista per il calcio, manifestata del resto in molte interviste e nel celebre duetto televisivo con Maradona. Sembra la dimensione ideale per lui, quella che davvero gli libera la mente da ogni preoccupazione e pensiero. Nella “Casa di Troisi” a Villa Bruno, a San Giorgio a Cremano, sono conservati non a caso in bella evidenza la sua borsa della Nazionale attori, la maglietta, le scarpette e perfino il pallone originale. La passione di Troisi calciatore, ereditata dal padre Alfredo, ferroviere, sembra un aspetto secondario della personalità. Può darsi invece che fosse proprio quello il momento, in cui Massimo si sentiva davvero se stesso, leggero e libero perfino dal peso della notorietà, come se il tempo non fosse passato da quando, con gli altri ragazzi suoi coetanei, improvvisava una partitella dovunque fosse possibile e finché il cuore glielo permise.

Si giocava molto e soprattutto in strada, negli anni Sessanta- Settanta di Napoli e della immediata periferia. Gli impianti sportivi erano ancora meno di oggi. Ben pochi adolescenti si potevano permettere di affittare un campetto per due ore. In quel clima di provincia semplice, senza lussi ( né d’altro canto poteva essere diverso in una famiglia con sei figli e un solo stipendio, non povera ma nemmeno benestante), il futuro regista de ” Il postino” e di tanti altri celebri film formò la sua personalità. Imparando per forza di cose a sdrammatizzare, pur nella precoce consapevolezza della sofferenza e della fine. Troisi affrontava scherzando perfino l’idea della morte, al punto che, divenuto ormai famoso, avrebbe improvvisato ironicamente il suo funerale in uno speciale televisivo.

Lo racconta lui stesso, in un brano autografo, ripubblicato nel libro che i lettori di Repubblica a Napoli hanno ricevuto in omaggio oggi. Gli amici d’infanzia ricordano i viaggi in Circumvesuviana per andare a scuola ( allora la ferrovia era puntuale), scambiandosi i copioni delle farse di Petito.

Vicende adolescenziali di ” filoni” per evitare l’interrogazione e stendersi al sole sugli scogli di Santa Maria la Bruna a discorrere di film e romanzi, a immaginare il futuro guardando il cielo. Finché qualcuno non ti rubava i vestiti e le scarpe costringendoti a tornare in mutande a casa, a Massimo capitò anche questo e non finiva di ridere quando lo ricordava… C’era una particolare tensione tra i giovani di quel periodo, nel Paese e nella estesa area metropolitana di Napoli. Anni ricchi di fermenti, stimoli, impegno politico e culturale. Era un’altra Italia, certo, non paragonabile a oggi. Però forse un esempio si può trarre per i nostri giorni.

Trascorrere tempo l’uno accanto all’altro era importante, costruttivo e utile. Il dialogo di persona, nient’altro che quello, anche perché i cellulari, pur indispensabili nella società attuale, allora non esistevano. Nessun rimpianto per il passato, era solo diverso. Migliore per certi versi, peggiore per altri. Tuttavia i giovani si scambiavano idee trascorrendo più tempo insieme. Sperimentando. Divertendosi. Mettendosi alla prova.

Cercavano di realizzare con pochi mezzi il proprio talento, di dare forma alle passioni attraverso il confronto con gli altri. Forse è a questa matrice piana e spontanea dei rapporti umani che prima o poi bisognerà tornare, pur senza ingannevoli nostalgie, ma vivendo il presente per quello che è. L’una cosa non esclude l’altra, richiede solo strade nuove e diverse. Serve un tempo maggiore di riflessione e incontro, oggi, prima che sia tardi. Certo è difficile immaginare vite piegate a oltranza sullo schermo dello smartphone fino a perdere il contatto con la realtà. Serate da paninoteca, pizzetteria e tutta la sterminata serie dei locali ipercalorici del ” food” che pullulano nei centri storici d’Italia. Un paesaggio di mascelle divoranti mentre intorno le librerie chiudono e nessuno trova un’ora per fermarsi a leggere se non i messaggi compulsivi sui social e su Whatsapp.

Ecco, se un esempio si può trarre da questo prezioso libro che offriamo ai lettori, è la storia di un ragazzo che in un clima ricco di stimoli scopre se stesso attraverso difficoltà di ogni genere, salite e discese, curve e pause, sforzi e delusioni, fino a imboccare la direzione giusta. Ma con semplicità, divertendosi insieme agli altri, giovani con cui condividere esistenze giocose nelle serate a discutere in piazza, nei teatri improvvisati, nelle feste, nei concerti. Vivendo. Con quell’espressione di infinito benessere, come quando provi a spiazzare il portiere con una finta e magari non ti riesce.
Però quante risate e che gioia, sul campo della vita vera.
 

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2023/02/06/news/troisi_la_leggerezza_del_sorriso-386704742/?rss

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