
Hanno sconfitto un tumore, ma non possono più avere una vita sessuale normale per colpa della disfunzione erettile. Sono 12.000 ogni anno gli italiani colpiti da tumore della prostata sottoposti a rimozione radicale dell’organo e di questi almeno la metà va incontro a difficoltà di erezioni gravi e avrebbe indicazione all’impianto di protesi peniene per risolverle. Ma la maggior parte dei candidati non ha accesso alle cure perché essendo escluse dai LEA le Regioni non sono tenute a erogarle, così per motivi economici sono pochissimi gli impianti a disposizione, in pochi centri pubblici, distribuiti in modo disomogeneo sul territorio. Stando ai dati del Registro Nazionale SIA, a fronte di circa 3000 richieste le protesi erogate sono appena 400 l’anno, concentrate per il 75% fra Nord e Centro.
Gli esperti della Società Italiana di Andrologia lanciano perciò un appello alle istituzioni, perché l’intervento di protesi peniena venga inserito quanto prima nei livelli essenziali di assistenza (LEA) per garantire a tutti i pazienti oncologici candidati all’impianto un accesso equo e omogeneo alle cure come già accade alle donne che vengono operate di tumore al seno e sono sottoposte all’impianto di una protesi mammaria, rimborsata e garantita a tutte le pazienti su tutto il territorio nazionale.
“Solo il 10% degli italiani che hanno bisogno di una protesi peniena riesce a farsi operare in una struttura pubblica, con liste di attesa che possono superare i 2 anni. Il restante 90% per tornare a una normale attività sessuale deve affidarsi al privato non convenzionato” commenta Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore di Urologia all’Università Federico II di Napoli, centro di eccellenza per l’impianto di protesi peniene dove vengono eseguite circa 40 interventi ogni anno.