
Tre ombre lunghe sul cemento, come resti di un tempo interrotto. Poco più in là, un rotolo di nastro rosso impigliato tra i rami secchi di un cespuglio. Una bottiglia d’acqua giace dimenticata in un angolo, ancora mezza piena. Tutto è rimasto com’era. Solo l’aria è cambiata: più lenta, più pesante. Una scala che non porta da nessuna parte è ancora lì, e sopra, nel vuoto, un carrello agganciato all’aria, sospeso come una domanda.
Napoli, via Domenico Fontana, martedì 24 luglio: tre operai che stavano solo facendo il proprio mestiere, Antonio, Luigi e Salvatore. Nessuno di loro è più tornato a casa. Il carrello, da quel giorno, non tocca più terra. È rimasto agganciato a un filo invisibile tra il cortile e il cielo. O così mi piace pensare. C’è chi dice che ogni notte cambi posizione, che si muova lentamente sopra i tetti e le antenne, sopra i sogni di chi non riesce più a dormire. Un bambino giura di averlo visto dalla finestra, piantato in mezzo al cielo stellato. Qualcuno racconta che, da lassù, giungano ancora le chiacchiere di quei tre poveri uomini. Un’anziana ha lasciato una sedia in cortile per guardarlo ogni sera.
All’inizio era cronaca, poi favola. Ora è diventato un segreto condiviso. In realtà il carrello non parla, non denuncia, non sa chiedere perdono. Però non vuole tornare. Ha scelto di non scendere più. È diventato – nella mia fantasia – una veglia silenziosa, una messa sospesa tra il ferro e l’aria.
Tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. Ma da quel giorno, a Napoli, c’è qualcosa che si muove piano sopra la collina del Vomero. E porta con sé tutti quelli che hanno lavorato senza casco e senza imbracature, i disgraziati senza voce e senza tempo, gli ultimi che nun tenen’ diritti. Se anche a voi capita, ogni tanto, di sentire un ronzio in alto, alzate lo sguardo. E non cercate spiegazioni. Chiedetevi solo perché il carrello è dovuto salire quella maledetta mattina. Quando non servirà più giustificarsi per lavorare, quando non sarà più normale rischiare la vita per pochi spicci e una firma in fondo a un foglio, allora il carrello potrà anche tornare. Ma per ora resta lì. Piantato come avvertimento. Non più oggetto, ma segnale, una lanterna d’acciaio sospesa nell’aria, che di notte brilla appena, tanto che la gente continua a scambiarlo per una stella lontana.
Chi crede in Dio ci vede un segno. Chi crede nel lavoro, un fallimento.
Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/07/27/news/quel_carrello_sospeso_nel_vuoto-424755562/?rss