

Non credo più a nessuno. Lo dicono in molti, con l’orgoglio di chi pensa di essersi svegliato dal sonno dell’inganno. Ma è una bugia. Perché mai come oggi si crede a tutto: alle falsità confezionate bene, alle verità semplificate, alle paure che rassicurano.
Viviamo in un tempo in cui la sfiducia e la credulità crescono insieme. Non ci fidiamo dei medici, ma seguiamo un influencer; non crediamo ai giornali, ma condividiamo un post anonimo; non ci fidiamo della politica, ma ci consegniamo al primo leader che urla di essere “uno di noi”. Siamo un popolo che non crede più, ma si lascia sedurre da chi promette di credere al posto nostro. La verità non si cerca più: si costruisce su misura. Ognuno ha la propria, personalizzata come un profilo digitale. Si sceglie la fonte che ci conferma, non quella che ci contraddice. Il dubbio, che dovrebbe essere segno d’intelligenza, è diventato il pretesto per non pensare.
L’opinione è diventata identità, e la convinzione un’armatura contro la complessità. Così l’apatia della fiducia si trasforma in una fede cieca nei falsi profeti della rete e di altrove. Abbiamo smesso di credere per capire e abbiamo cominciato a credere per appartenenza, come si tifa una squadra o si difende una bandiera. La fiducia è morta, ma la credulità è esplosa. E forse è ancora più pericolosa, perché travestita da libertà. Il cittadino diffidente è la preda ideale del demagogo: “non credete a nessuno, credete solo a me”.
È il paradosso perfetto: meno crediamo, più ci facciamo ingannare. Chi non si fida più di nulla finisce per fidarsi di chi promette tutto. E mentre cresce la paura di essere traditi, si dimentica la gioia di affidarsi: un mondo che non sa più credere è un mondo che non sa più amare. Non è solo un problema politico, è un problema antropologico. Siamo soli in mezzo alle connessioni, smarriti dentro una comunicazione che ci unisce solo per urlare. Abbiamo perso la grammatica della fiducia: quella che nasce dallo sguardo, dal tempo condiviso, dal rischio di esporsi. Senza fiducia non c’è comunità, solo tribù urlanti.
La rete ci ha dato voce, ma ci ha tolto ascolto. E senza ascolto, la verità diventa rumore. Abbiamo trasformato il dubbio in sospetto e la libertà in diffidenza: due valori che, senza la fiducia, si deformano fino a diventare solitudine. Servirebbe una nuova educazione alla fiducia. Una fiducia che non sia cieca ma consapevole, che non rinunci al dubbio ma lo accompagni. Non una resa all’autorità, ma una scelta di apertura. Credere non è un atto ingenuo, è un gesto coraggioso. È decidere di non chiudersi, di non ridere di tutto, di non dire sempre “tanto è inutile”. È scegliere di rischiare la delusione pur di restare umani. La fiducia vera è un patto reciproco: non nasce dal potere, ma dalla lealtà. È una responsabilità condivisa, una forma di rispetto che tiene in piedi la democrazia e la convivenza. Oggi l’unica forma di ribellione autentica è tornare a credere in qualcuno, non nel senso di un’adesione cieca, ma come atto di libertà.
Fidarsi non significa essere ingenui, significa rifiutare il cinismo come rifugio. È un gesto politico e umano, una rivoluzione del cuore e della mente. Chi sa ancora fidarsi tiene in vita la polis, perché la fiducia è l’ossigeno del vivere insieme: senza di essa tutto diventa sospetto, e il sospetto è la tomba della verità. È la fiducia che rende possibile la giustizia, l’amore, la parola data, il domani. La verità è misteriosa, sfuggente, ma l’uomo non può vivere senza cercarla. Un tema centrale nella filosofia e nella letteratura, in particolare in pensatori come Dostoevskij esplicitato nel suo desiderio di “essere uomo” comprendendo questo mistero come ricerca della verità, che anche se forse irraggiungibile, è intrinseca all’esistenza umana. Ecco la nostra sfida: ricominciare a credere, ma con occhi aperti. Non ai miti, non ai leader di paglia, ma alla possibilità che la verità esista ancora, anche se è scomoda, anche se costa fatica. Perché il futuro non sarà dei creduloni né dei cinici: sarà di chi saprà fidarsi, ma senza smettere di pensare. E forse, in questo gesto fragile e tenace, si nasconde la più grande forma di libertà.
Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/10/26/news/un_errore_perdere_la_fiducia-424939187/?rss


