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Mandolino, il simbolo preso di mira

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Così, in un sol giorno, se ne sono andati il maestro del silenzio e il maestro della melanconia: Mimmo Jodice, che fermava il tempo nell’eterna danza delle nere giovanette ercolanesi, e James Senese, che ha fissato per sempre il suono della gomma e della benzina della Napoli operaia e del terremoto. La distanza azzurra e incrinata del Mediterraneo vista da Posillipo (porte, scale, sedie, l’atleta in infinita corsa, preziose finestre murate e antiche facce scheggiate) e le note appese ai pali Innocente di Miano, ai divieti d’accesso, ai pericoli di crollo (la musica mia è fravulelle e pasta e fasule). Due nostalgie che mi scorrono accanto mentre leggo “Elogio del mandolino” di Francesco Palmieri (Langella Edizioni). E quale strumento c’è che evochi meglio la nostalgia? Nel falò dei luoghi comuni che risorgono da Napoli, su Napoli, intorno a Napoli, il mandolino, racconta Francesco Palmieri (compiendo un’opera del tutto inedita: sulla storia del mandolino, musicale, letteraria, pittorica, cinematografica, non era mai stato scritto prima), il mandolino è simbolo di continuo preso di mira.

“Che sei, prufessore ‘e mandulino?” è la frase denigratoria che si estende e colpisce, sineddoche partenopea, qualunque velleità. E il paradosso è che la città del mandolino è spesso l’ultima a istituire cattedre, circoli, enti che preservino, studino, conservino il mandolino stesso. Con la consueta eleganza cui Palmieri ci ha abituato ne “Il libro napoletano dei morti” o ne “L’incantevole sirena”, davanti ai nostri occhi scorre l’iconografia del mandolino: Luca Postiglione e i suoi “Musicanti in taverna” (i quadri muti che evocano la musica a Napoli hanno una tradizione, da “La cantatrice” di Bernardo Cavallino a “L’arpista” di Gaetano Esposito). E poi la storia letteraria, da “Tre operai” di Carlo Bernari, dove nella notte, fra luci di farmacie e bar, le foglie palpitano per i concertini, ai versi di Salvatore Di Giacomo, da Bianciardi ad Alianello, a Francesco Paolo Tosti che si commuove nel suo appartamento londinese pensando al mare di Napoli e al “tremolo” del mandolino. Fra i teorici dello strumento, compositori e pusteggiatori (testimonio la recente eresia di un mandolinista al Gambrinus con amplificatore a cintura), ecco riapparire il fastidio che l’eterno mandolino al ristorante provoca, da Adriano Tilgher (“chieste ce so’ venute a ntussecà”) a Luciano De Crescenzo.

Ma appare anche l’ignota schiatta dei veri maestri di mandolino, come quelli del Caffè dei Mannesi rievocato anche da Roberto De Simone.

Il “pandulino” storpiato da Di Giacomo che “ammullechea cu na canzone” fa rima nella prosa elegante di Palmieri con una scena de “L’eredità della priora” (1963) in cui, fra toscanese e francese, evocando amaretti e alchermes si dice “siamo fatta l’Italia o no?”. E Bianciardi che, insospettabile, ricorda ne “La battaglia soda” (1964) scrive di come ai napoletani sono rimasti solo maccheroni e mandolino, il resto se l’è preso il Piemonte.

Che molto in questa storia del mandolino si giochi fra il 1934 e il 1964 interesserà il lettore attento: fra guerra e boom, esplode un’icona, un’idea di mondo che il mandolino sintetizza (e che include l’uscita del “Gattopardo”). Un’idea che ipostatizza la citazione da Peppe Vessicchio: “Napoli si concede sotto le spoglie che gli altri le attribuiscono. È una città che gioca a riprodurre se stessa, salvo dolersi di tanto in tanto per essere stata incatenata dentro dei cliché”.

Dalle orchestre a pizzico a Mozart, che fa suonare il mandolino a Don Giovanni, dai concerti scritti da Vivaldi a Mahler, che chiede il mandolino per l’orchestra, al maestro israeliano Avi Avital, memoria e dimenticanza segnano la storia del mandolino. Memoria e dimenticanza, quindi nostalgia. E non è un caso che Marotta e Parise, professori di nostalgia, chiudano il libro.

A Natale non sapete che regalare? Economico ma sostanzioso, com’è la buona letteratura, “Elogio del mandolino” di Francesco Palmieri.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/11/01/news/mandolino_il_simbolo_preso_di_mira-424952973/?rss

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