

Sembra un gioco, di quelli che possono anche fare male, sembrano memorie in accumulo, ma forse sono verità camuffate da invenzioni, sembrano amici in una sera di svago tormentante tipo “gioco della verità” che un tempo riempiva le serate di festa. In scena al Piccolo Bellini c’è tutto questo e qualcos’altro, per “Neanche parenti”, spettacolo-tappa di fine percorso della “Factory del Teatro Bellini, secondo debutto invece della Compagnia Bellini Teatro Factory dopo l’”Opera In Transizione. Anime Pezzentelle Dalla Faccia Sporca” che sotto la guida di Mimmo Borrelli andò in scena all’inizio dell’estate guadagnandosi quest’anno un “Premio Ubu” come “Progetto speciale”. Così questa volta Greta Bertani, Filippo D’Amato, Daniela De Riso, Miriam Giacchetta, Gaia Napoletano, Matteo Ronconi e Umberto Serra “non partendo da un testo, non avendo un autore da mettere in scena, né una storia già scritta” sono stati guidati, da Gabriele Russo e Arianna D’Angiò per costruire il loro spettacolo. Somma di intuizioni, frammenti di scrittura, tempo speso in appunti, discussioni e felici intuizioni, corpi nervosi pronti alla sfida, voci che sembrano prediligere il grido nervoso, menti agili che raccolgo e rilanciano. Tutto questo è in scena a dire di famiglie possibili. Sfidando la gran confusione delle somme che non hanno altra misura che le invenzioni e i ricordi da rendere compattezza di possibile drammaturgia. Con tutta evidenza l’hanno trovata cercando di distillare emozioni e scelte in frammenti nel gioco molto fisico, un po’ feroce, che è loro servito per mettere in scena l’idea del “Neanche parenti”. Si dicono verità scomode, si litiga, ci si ama, ci si separa e ci si ritrova nella camera della memoria, spazio monocromatico, tutto rosso che infiamma, creato dagli allievi dell’Accademia Belle Arti di Napoli che crescono e si formano in linee essenziali alla cattedra Luigi Ferrigno. Divani e tavoli nello spazio rigido che si deforma come gli umori che s’inceppano e s’impennano, in cui dirsi sgradevoli verità familiari a contendersi il tempo della fuga da quella che Artaud diceva essere “realtà che inibisce”. Cos’è mai oggi la “famiglia” rivista dai giovani che s’affacciano al palcoscenico per il loro fine-percorso di tirocinio? Lo spettatore potrà specchiarsi in una o più verità inventate a creare sconsolanti confronti? Di famiglie non liete è pieno il teatro d’ogni tempo e forse è questa temperatura malata che fa differenza e gioco che intriga. O almeno così sembrava a giudicare dagli applausi del pubblico che riempiva, a una delle ultime repliche, la sala del Piccolo Bellini. Del gioco in tensione dei sette attori diremo che è energico e forte, dinamico e pronto a cogliere sfide emotive, disperati rancori, necessarie scelte spudorate, intrecci di storie che a fatica si compiono, come appunti accumulati. Loro, gli attori, ne fanno esercizio per giovani partigianerie di sentimenti, piccola e parziale enciclopedie di sussulti e ginnastiche con qualche ironia. I costumi sono di Enzo Pirozzi, il disegno luci di Giuseppe Di Lorenzo il progetto sonoro Antonio Della Ragione. Si replica ancora domenica pomeriggio alle ore
18. Poi li ritroveremo ancora nel prossimo anno, tutti insieme, con altre due “tappe” del loro affacciarsi al teatro: in “Asfalto, poema fisico e musicale per sette attori” (dal 29 gennaio al 15 febbraio), e in “Giu-Ro. Libera Gioventù Bannata Dal Tempo” (dall’11 al 26 aprile), e sarà saluto ed augurio per vederli spiccare il volo.


