

Caro direttore, Ugo Rossi su questo giornale ieri ha interpretato la mia posizione sull’overtourism come un approccio ottimistico, unidimensionale e concentrato con miopia sulla sola tassazione dei proventi turistici da reinvestire in opere pubbliche. Secondo la sua lettura, sottovaluterei gli impatti reali del fenomeno: gentrificazione, inquinamento, emissioni. Con tutta la stima per questo bravo geografo, la sua critica non coglie la complessità del mio ragionamento. Sia chiaro: riconosco pienamente che la crescente pressione turistica genera impatti profondi sullo spazio urbano e sugli equilibri socioeconomici delle nostre città. Non si tratta di minimizzare il problema, ma di affrontarlo con la consapevolezza che richiede risposte articolate, non monolitiche.
La regolamentazione è imprescindibile. Gli usi del territorio, gli affitti brevi, la circolazione: su questi fronti siamo drammaticamente in ritardo e servono interventi normativi incisivi. Ma limitarsi a una politica puramente difensiva – bloccare, vietare, contingentare – significa rinunciare a governare il cambiamento. Oltre alla necessaria regolamentazione, serve una visione progettuale capace di trasformare il valore generato dal turismo in nuovo welfare urbano.
Il punto è proprio questo: creare attrezzature e servizi che migliorino concretamente la vita degli abitanti. Non si tratta di opere calate dall’alto per compiacere i flussi turistici, ma di infrastrutture a doppio uso che funzionino per i residenti e al contempo attraggano visitatori. Spazi pubblici di qualità nel centro storico, nelle periferie, lungo la costa. Servizi culturali, sociali, ambientali che generino valore pubblico, non solo profitti privati.
Questo è l’esatto contrario della gentrificazione: è redistribuzione del valore economico in welfare collettivo, materiale e immateriale.
Il meccanismo è chiaro, anche se la sua realizzazione è tutt’altro che semplice. Richiede una governance urbana sofisticata, capace di elaborare progetti integrati e programmi concreti che traducano risorse economiche in rigenerazione mirata, in qualità della vita, in servizi accessibili. Richiede, soprattutto, di superare la tentazione della risposta univoca. Perché nessun buon progetto – e nessuna seria politica urbana – si risolve mai in una sola dimensione.


