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Francesco ci lascia l’eredità della fiducia

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Si chiamerà Francesco, scrivevamo il giorno della sua elezione, e in quel nome era già custodita una promessa. Oggi, mentre la Chiesa e il mondo lo salutano per l’ultima volta, possiamo dire che quella promessa è stata mantenuta.

Francesco è stato il Papa che ha rimesso la Chiesa sulla strada del Vangelo della gioia, del Vangelo degli ultimi, là dove il potere si fa servizio, la forza si fa tenerezza, la fede si fa abbraccio. Dal balcone di San Pietro, la sera del 13 marzo 2013, chiese al popolo di pregare per lui prima ancora di benedirlo, si inchinò: un gesto che infranse la distanza, e spezzò il silenzio di chi aveva smesso di credere che un cambiamento fosse possibile.

Tre parole possono riassumere la direzione del suo pontificato: gioia, cura, fraternità. Con Evangelii Gaudium ci ha insegnato che il Vangelo è slancio, danza della speranza, fuoco che brucia l’abitudine. Con Laudato Si’ ci ha chiesto di inginocchiarci davanti alla terra come davanti a un altare, e di ascoltare il grido dei poveri intrecciato al lamento della natura ferita. Con Fratelli Tutti ci ha provocati a sognare l’impossibile: un mondo senza scarti, una politica che profuma di umanità, un futuro che nasce dalle ferite abbracciate. Non è stato un Papa accomodante. Ha scosso le coscienze, ha disturbato le certezze, ha fatto tremare i palazzi e aprire le strade. Ha mostrato che l’amore autentico è inquieto, è concreto, è “artigianale”, costruito giorno per giorno tra le macerie della storia.

La sua riforma è stata prima di tutto una rivoluzione dello sguardo. Ha scelto di vedere quello che troppi fingevano di non vedere: le mani sporche, le frontiere chiuse, i pianti senza eco. Ha preteso una Chiesa che si spogliasse di ogni complicità col potere, per rivestirsi di compassione. Il suo stile è stato quello della parresia: il parlare nudo, senza armature. Ha gridato dove occorreva gridare, ha sussurrato dove solo la dolcezza poteva raggiungere il cuore. Ha insegnato che la verità non teme la vulnerabilità. In un decennio assetato di certezze facili e di slogan vuoti, Francesco ha offerto la verità disarmata del Vangelo. Mentre il mondo erigeva muri, egli costruiva ponti. Mentre si alimentavano paure, egli insegnava a fidarsi ancora della bontà seminata nei cuori. Ha parlato ai credenti e ai non credenti, perché la fame di giustizia, di bellezza, di amore attraversa ogni uomo. Ha seminato nei deserti, sapendo che il tempo della fioritura è misterioso e non è nostro. Ha creduto, fino alla fine, che una lacrima condivisa può più di mille discorsi. Francesco è stato il Papa della fiducia ostinata: fiducia che il bene, anche se piccolo, non è mai inutile. Fiducia che la Chiesa, anche ferita, può ancora brillare di luce umile. E mentre il mondo sembrava ripiegarsi su sé stesso, rinchiudersi nelle proprie paure, egli è rimasto in piedi, instancabile, indicando l’orizzonte. Ha fatto della fragilità una forza, della misericordia una rivoluzione, della semplicità una profezia.

Ora che la sua voce si è fatta silenzio, la sua eredità ci pesa sulle spalle come una promessa e una sfida. Non ci lascia ricette, ma semi. Non mappe, ma bussole. Non slogan, ma sogni ostinati. Si chiamava Francesco. E nel suo nome abbiamo ritrovato il coraggio di credere che il Vangelo può ancora cambiare il mondo. Di più: che può ancora cambiarci. Non per miracolo, ma per scelta. Non dall’alto, ma dal basso. Ora tocca a noi: lasciare le poltrone comode, entrare nelle strade polverose della vita, fasciare le ferite del tempo.

Tocca a noi sporcarci le mani, rischiare la bontà, giocare la vita sulle promesse della speranza. Tocca a noi costruire ponti dove altri vogliono muri, seminare pace dove fiorisce la paura. Perché il tempo che ci è dato è ancora tempo di semina, è ancora tempo di Vangelo. È tempo di riparare ciò che è stato spezzato, di abbracciare ciò che è stato escluso, di custodire ciò che è fragile. E forse, nel rumore di questo mondo smarrito, la sua eredità sarà la più radicale delle provocazioni: credere ancora che la tenerezza salverà il mondo. Credere, ancora, che l’amore è più forte di ogni paura. E che la più grande rivoluzione comincia da un abbraccio.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/04/27/news/francesco_ci_lascia_l_eredita_della_fiducia-424151910/?rss

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