

I giorni tra Natale e Capodanno non sono una pausa, sono un inceppo; il tempo non riposa, smette di funzionare. Le città rallentano, sì, ma non per gentilezza: rallentano perché non sanno più dove andare. Le luci restano accese anche quando non servono più, le strade sono semivuote, le vetrine ripetono lo stesso messaggio stanco, gli addobbi natalizi lampeggiano per nessuno. È un tempo che non produce niente e non promette niente. E proprio per questo mette a nudo. In quei giorni le case diventano più rumorose o più silenziose del solito.
I pranzi si allungano, le conversazioni girano in tondo, certe frasi tornano sempre uguali. Ci si siede allo stesso tavolo con persone che si conoscono da una vita e che, a volte, non si sa più come prendere. Si recitano ruoli imparati anni prima, si evitano argomenti, si pesa ogni parola. Il tempo sospeso non crea conflitti nuovi, ma rende visibili quelli vecchi. Non siamo impegnati a diventare qualcosa, siamo costretti a restare quello che siamo. Senza il lavoro a proteggerci, senza le scuse dell’urgenza, senza la possibilità di rimandare. Il telefono vibra meno, le agende sono chiuse, e improvvisamente restano solo le domande che abbiamo evitato tutto l’anno: quelle che non migliorano la vita, ma la descrivono. Il tempo sospeso è il momento in cui senti la stanchezza vera, non quella fisica, ma quella di tenere insieme tutto: le relazioni che scricchiolano, i compromessi accettati per abitudine, le scelte non fatte che hanno comunque deciso per te.
È il tempo in cui ti accorgi che alcune cose non torneranno a posto a gennaio, e che nessun proposito le rimetterà in asse. Si mangia insieme, si parla del più e del meno, si ride anche. Ma sotto scorre altro. Le assenze diventano evidenti, le presenze pesano. C’è chi si sente fuori posto anche seduto al proprio tavolo, chi misura il silenzio tra una frase e l’altra, chi capisce che l’anno finisce ma niente davvero si chiude. Poi arriverà il Capodanno, con il suo rumore, i brindisi, l’illusione collettiva di un confine netto. Ma il tempo sospeso non si lascia archiviare così facilmente: resta addosso come una verità scomoda, che la vita, quando smette di correre, non sempre consola. A volte semplicemente mostra.


