
Un robot in Cina si è scagliato contro una spettatrice, con un gesto netto, con la violenza inquietante di un’azione volontaria. In realtà si è parlato di un guasto tecnico, ma a guardare le immagini si fatica a crederlo. Perché il modo in cui l’automa colpisce, la velocità, la precisione, la brutalità del gesto, tutto richiama qualcosa di profondamente umano.
Eppure, lui, il robot, non conosce il concetto di rabbia, e questo fa ancora più paura. Vedere un essere senz’anima che agisce come se provasse un impulso, uno scatto, una furia improvvisa, è qualcosa che mette i brividi. La macchina riflette noi, uno specchio privo di emozioni ma pieno dei nostri comandi, delle nostre intenzioni, dei nostri limiti. Possiamo costruire occhi che vedono nel buio, mani che non tremano, voci che non esitano, ma a decidere il senso di quelle mani, di quegli occhi, di quelle voci… siamo noi.
Non era rabbia, quindi, era la nostra idea di forza, la visione distorta che abbiamo del controllo. E quanto sarebbe stato bello, invece, se quella macchina avesse accarezzato un bambino, fatto qualcosa di gratuito e gentile, qualcosa di poeticamente inutile, come danzare goffamente al suono di una melodia. Ma no, l’abbiamo progettato per eseguire, intervenire, per colpire, senza compassione.
E così succede che lui agisce, e nel farlo ci mostra ciò che siamo. Qualcuno ha detto che “l’anima è ciò che distingue il gesto da un movimento”. Le emozioni non si installano, non si scaricano con un aggiornamento, le emozioni sono il privilegio di chi è vivo, di chi può scegliere di fermarsi, di chi sbaglia, piange, cambia idea. Possiamo arrivare a progettare e costruire tutto, programmare milioni di linee di codice, mettere insieme ogni ingranaggio esistente, ma l’anima… l’anima non si costruisce, resta il mistero che ci distingue, per certi versi forse un limite, ma anche la nostra unica salvezza. L’ha inventata qualcuno di superiore, qualcuno forse curioso di capire cosa succede quando accendi una scintilla dentro un fuoco spento, quando metti l’infinito dentro qualcosa che per sua natura è finito, se doni il desiderio a un corpo che un giorno morirà.
Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/04/20/news/l_anima_ci_distingue_dai_robot-424139539/?rss