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Lutto troppo lungo per uno Stato laico

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Il 22 aprile scorso il Governo, su proposta della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco. Il lutto è terminato il 26 aprile, ieri, giorno dei funerali del Pontefice. Colta al balzo l’opportunità di scavallare la Festa della Liberazione del 25 Aprile, dribblando bolsamente l’ennesima resa dei conti con la propria storia, il Governo ha concesso al Papa un omaggio oversize, battendo il record mondiale di durata del cordoglio nazionale. Perché alla morte di Giovanni Paolo II, altra figura iconica del cattolicesimo, tre furono i giorni di lutto.

Ancor peggio andò a Benedetto XVI, per cui il Governo dispose solo l’esposizione a mezz’asta delle bandiere italiana ed europea poste nei pubblici edifici. E, tornando ancora più indietro, alla morte di Paolo VI fu proclamato un solo giorno di lutto nazionale. Né analogo trattamento è mai stato riservato recentemente a personalità politiche nazionali, ex presidenti della Repubblica o del Consiglio. A Silvio Berlusconi nel 2023 e a Carlo Azeglio Ciampi nel 2016 fu concesso un solo giorno di lutto. Nemmeno in occasione di attentati, catastrofi naturali e affini sono stati proclamati cinque giorni di lutto. Un solo giorno di lutto fu proclamato nel 2009 per l’alluvione di Messina, per il terremoto dell’Aquila e per la sciagura ferroviaria di Viareggio.

Lo stesso nel 2012 per il terremoto in Emilia Romagna e nel 2016 per quello nell’Italia centrale. Per il naufragio di Lampedusa dove, nel 2013, morirono oltre 300 migranti, fu proclamato un solo giorno di lutto. E un solo giorno anche per le alluvioni in Emilia Romagna nel 2018 e per il crollo del ponte Morandi a Genova. Perciò, al di là della monumentale statura religiosa del Papa, della sua gigantesca opera pastorale, della sua instancabile difesa dei poveri e degli oppressi, che ne hanno fatto un punto di riferimento morale ineludibile per credenti e non, è l’atteggiamento del Governo che lascia fortemente perplessi. Un atteggiamento che certamente è mancato di sobrietà, per dirla con il ministro Musumeci. Al fondo, tuttavia, rimane un dubbio inquietante. Questo interessato ossequio può interpretarsi come uno strisciante assist istituzionale al ritorno, in una qualche forma, a uno Stato confessionale? Si può intravedere in talune malcelate prese di posizione governative una voglia di sconfessare il principio costituzionale di laicità dello Stato?

A questo punto del discorso, sarebbe lecito aspettarsi da qualche qualificato esponente delle destre, ad esempio il presidente del Senato Ignazio La Russa, l’eccezione relativa al fatto che in Costituzione non sarebbe espressamente scritto che lo Stato debba essere laico. Fu detto per l’antifascismo, non meraviglierebbe lo si pensasse anche in merito alla aconfessionalità dello Stato. Ebbene, quel che si disse per l’antifascismo, si ripeta per la laicità. È l’intera Costituzione che è permeata dal sentimento della laicità, al di là delle espressioni letterali. È l’articolo 8 della Costituzione che sancisce che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. È l’art. 7 che stabilisce che Stato e Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. È l’art. 3 che sancisce l’eguaglianza giuridica senza distinzione di religione. È l’art. 2 che garantisce il riconoscimento dei diritti inviolabili di ogni essere umano, sia come singolo che nelle varie formazioni sociali in cui sviluppa la sua personalità. È l’art 19 a stabilire che tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma. È l’art 20 secondo il quale il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione o istituzione non possono essere causa di limitazioni legislative o di gravami fiscali speciali. E la Corte Costituzionale ha poi sempre difeso il principio di laicità dello Stato, ribadendo a chiare lettere nella sua giurisprudenza il divieto di discriminazione tra i culti, riaffermando il pluralismo confessionale e l’equidistanza e l’imparzialità dello Stato rispetto a tutte le religioni. L’Italia è dunque uno Stato laico. Nonostante i maldestri tentativi di annacquamento escogitati solo per evitare di festeggiare la Liberazione. Anzi, è proprio questa velleità di elusione un motivo ancor più imponente per ricordare che furono il sacrificio e il martirio dei partigiani della Resistenza a consentirci di avere uno Stato libero. Anche dalla Chiesa.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/04/27/news/lutto_troppo_lungo_per_uno_stato_laico-424151914/?rss

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