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Orazio Abbamonte: “Così l’Archivio storico del Banco di Napoli ci racconta Caravaggio”

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Il contributo dell’Archivio del Banco di Napoli alla ricostruzione della presenza e dell’attività di Caravaggio a Napoli è stato, nel corso degli ultimi decenni, decisamente determinante. Ne parliamo con il presidente della Fondazione Banco di Napoli Orazio Abbamonte, che dal novembre del 2022 guida questa importante istituzione culturale. «Che non è solo una istituzione culturale: è una miniera inesauribile di informazioni sulla storia economica, sociale, politica e familiare della nostra città».

Professore, poi ne parleremo. Ma intanto su Caravaggio…

«Su Caravaggio sono illuminanti le sei polizze che lo riguardano, assegni bancari attraverso cui venivano pagati i suoi dipinti, o meglio, le realizzazioni delle commesse chieste al grande artista. È grazie alle polizze, ad esempio, che possiamo fissare le date dei suoi soggiorni napoletani».

Quegli assegni fissano le datazioni delle presenze di Caravaggio in città, ma non solo.

«Nel nostro Archivio storico abbiamo otto registrazioni contabili relative a Caravaggio ancora vivo: vanno dal 6 ottobre 1606 al 27 novembre 1609».

Fondazione Banco di Napoli il ricordo della liberazione dal Nazifascismo, presentazione del libro "Napoli Libera" in regalo con il quotidiano giovedì 24. il presidente della Fondazione Banco Di Napoli, Orazio Abbamonte . Napoli 22 aprile 2025. (Foto Riccardo Siano) Napoli
Fondazione Banco di Napoli il ricordo della liberazione dal Nazifascismo, presentazione del libro “Napoli Libera” in regalo con il quotidiano giovedì 24. il presidente della Fondazione Banco Di Napoli, Orazio Abbamonte . Napoli 22 aprile 2025. (Foto Riccardo Siano) Napoli 

Queste tracce documentali ci parlano anche dei committenti, dei gusti artistici dell’epoca.

«La prima traccia di Caravaggio all’ombra del Vesuvio è del 6 ottobre 1606: una polizza di 200 ducati per una pala d’altare commissionata dal mercante croato Niccolò Radolovich. La Pala Radolovich, appunto, per la quale il mercante diede all’artista un acconto di 200 ducati accompagnando il documento con una descrizione minuziosa di come voleva fosse l’opera. Un dipinto rimasto misterioso: non sappiamo se fu davvero realizzato o se è andato disperso».

Questi documenti conservati nei vostri fondi hanno dunque permesso di chiarire passaggi biografici e cronologici che sembravano controversi.

«È dagli anni Cinquanta del secolo scorso che gli studiosi vanno a caccia, tra le nostre carte, di documenti relativi a Caravaggio. Recentemente Vincenzo Sorrentino ha trovato documenti che testimoniano altre committenze, come quella relativa all’Adorazione dei Magi, pensata e commissionata a Messina, ma pagata a Napoli e qui realizzata. E poi abbiamo documenti successivi alla morte di Caravaggio che riguardano la contesa sulla sua eredità».

Quali informazioni emergono dalle vostre carte circa le Sette opere di misericordia?

«Abbiamo il saldo del gennaio 1607: 340 ducati, una somma ingente, pagati attraverso il Banco della Pietà, testimoni del momento di maggiore libertà di Caravaggio».

Dai documenti dell’Archivio storico viene fuori non solo il pittore, ma anche l’uomo.

«Un uomo, secondo le nostre carte, che spendeva subito quello che incassava».

E come facciamo a saperlo?

«Perché non fa operazioni con le fedi di credito e le polizze con cui veniva pagato: le incassa subito, vuole subito i contanti».

Ma nell’Archivio storico del Banco di Napoli non c’è solo Caravaggio.

«E infatti le nostre stanze sono frequentate da storici dell’arte che spulciano le committenze napoletane. Abbiamo documenti, ma sono solo esempi, relativi a opere di Luca Giordano e di Belisario Corenzio. L’Archivio è una sorta di enciclopedia disordinata».

Enciclopedia disordinata?

«Se mettiamo i documenti uno sull’altro ne viene fuori una torre di 110 chilometri. Solo una piccola parte è stata davvero esplorata».

C’è ancora spazio per nuove scoperte?

«Gli studi sulla storia di Napoli sono ampi e consolidati, ma si possono avere nuovi squarci che aprono nuove prospettive e ricostruzioni. La ricerca storica è infinita. E si tratta, sempre, di una prospettiva molto penetrante perché è quella del conto corrente bancario».

Riesce la Fondazione da lei presieduta a ripulire dalla polvere l’immagine tradizionalmente consolidata di tanti archivi?

«Noi abbiamo fatto grandi sforzi in tal senso. La “polvere” l’abbiamo eliminata quando abbiamo musealizzato l’Archivio. Abbiamo allestito un percorso suggestivo di storie, racconti, esperienze».

E i turisti?

«Viaggiamo intorno alle 17-18 mila presenze».

E i giovani?

«Abbiamo continue visite di scolaresche. E poi abbiamo gli studenti più grandi, gli universitari o quelli che frequentano la Scuola di magistratura di Castel Capuano. Vediamo crescere grandi curiosità in parte appagabili da casa, grazie alla digitalizzazione di tanti documenti. E con un’associazione di Mormoni dovremmo riuscire a digitalizzare l’intero Fondo dell’Annunziata, uno degli otto Banchi pubblici napoletani».

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/12/13/news/orazio_abbamonte_cosi_l_archivio_storico_del_banco_di_napoli_ci_racconta_caravaggio-425037652/?rss

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