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Giustizia, Delmastro svela il vero scopo della riforma

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Luigi Barzini jr., nel suo libro sugli italiani, ricordava che Mussolini aveva programmato una visita nelle aziende agricole modello dell’Italia meridionale. Nottetempo trasferivano gli animali, che erano campioni di razza, da un’azienda all’altra, così che il Duce vedeva le stesse bestie e si illudeva della eccellenza delle nostre culture.

L’aneddoto mi viene a mente sempre più di frequente perché non sopporto quella che sembra essere la nostra cifra nazionale. Una ipocrisia fondata sulla opportunistica menzogna. E mi viene tanto più in mente in questi giorni in cui giornali, radio televisioni sono piene della parola “pace”, parlando dell’Ucraina, là dove di tratta di una miserabile resa incondizionata alla quale l’Europa, imbelle, non ha da offrire alternative. E, allora, in questo clima malinconicamente plumbeo, ecco apparire finalmente qualcuno che è in grado di squarciare il velo dell’ipocrisia.

È il sottosegretario Andrea Delmastro, che ha dichiarato quali sono le vere finalità della separazione delle carriere. Essa nulla ha a che vedere – come ha finito per ammettere – con un miglioramento della giustizia. È un’operazione che, dalla parte dei politici e con l’avallo, non so se consapevole, dell’avvocatura penale, mira semplicemente a un riequilibrio tra i poteri dello Stato, perché la magistratura sta tracimando e, in particolare, stanno tracimando i pubblici ministeri.

Ma il sottosegretario ha messo le cose in chiaro. L’operazione è senza senso se si lascia immutata l’autonomia e l’indipendenza dei pubblici ministeri. Di più. Si rischia di peggiorare le cose. Se l’operazione vuole avere un senso, bisogna andare fino in fondo. Non basta separare giudici e pubblici ministeri. È necessario trarre fuori i pubblici ministeri dalla magistratura. Bisogna portarli al rango di funzionari incaricati di proporre l’azione penale, escludendo – se ho bene inteso – che il pm abbia una polizia giudiziaria alle sue dipendenze. Perché, come insegna l’agognato modello anglosassone, il “prosecutor” non fa indagini, ma esercita l’azione sulla base di ciò che gli consegnano gli organismi investigativi, secernendo ciò che conviene a sostegno dell’accusa. Così facendo, sarà possibile porre – come è nelle intenzioni – il pubblico ministero sotto il controllo dell’esecutivo. E Delmastro – credo – ha nostalgia per un modello trumpiano, nel quale il politico può mandare a casa i “prosecutor” sgraditi e sostituirli con persone di fiducia. In più luoghi e in più riprese mi sono inutilmente speso sui pericoli che si corrono nel trapiantare in Italia un sistema totalmente diverso e, a mio avviso, tutt’altro che migliore. Non li starò qui a ripetere. Voglio soltanto aggiungere che le critiche che sono subito partite contro Delmastro, di cui subito si sono chieste le dimissioni, mi hanno sorpreso. Egli andrebbe elogiato perché ha avuto il coraggio di usare parole di verità. È che alla verità non siamo abituati.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/03/16/news/giustizia_delmastro_svela_il_vero_scopo_della_riforma-424066933/?rss

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