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Parco sommerso della Gaiola, “Così riforestiamo i fondali di Napoli”

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Chi ha detto che il verde sia solo una questione della terraferma? A guardare quel piccolo “bosco”, salta all’occhio un bel prato rigoglioso. Per ora a chiazze, che però diverranno più diffuse, tra fusti, radici, rizomi. E siamo sott’acqua.

Sì, perché il primo grande rimboschimento a Napoli avviene nei suoi fondali, con un progetto di reintroduzione di posidonia oceanica nell’Area marina protetta e Parco sommerso della Gaiola.

La pianta acquatica è endemica del Mediterraneo, fiorisce in autunno e forma delle praterie sottomarine. Praterie perfette per un’azione di protezione, non solo dall’erosione della linea di costa, ma anche per diversi organismi animali, che vi trovano nutrimento e protezione.

“Questo habitat – spiega Maurizio Simeone, direttore della Gaiola – era scomparso da Napoli decenni fa, a causa del forte impatto antropico e dell’inquinamento. La nascita del Parco sommerso ha favorito, col tempo, la ricostituzione di quei parametri ambientali idonei per un possibile ritorno”.

Anni di politiche sostenibili, ricerca e presidio di una zona cittadina lasciata nel degrado per anni, iniziano a dare i frutti. La posidonia è infatti considerata buon bioindicatore per la qualità delle acque marine: i valori, almeno per quello specchio di mare tutelato di Posillipo, tra l’isolotto di Gaiola e cala Trentaremi, soddisfano requisiti.

Ovviamente, la posidonia non può ricrescere così, di punto in bianco, su terreno subacqueo ormai brullo. Ma, almeno, le condizioni per la sua sopravvivenza sono finalmente favorevoli.

Da qui l’avvio della “riforestazione”, che consiste nel ripiantare gli esemplari “mazzetto dopo mazzetto”, in un progetto che il parco realizza col Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf), in collaborazione con la Issd (“International School for Scientific Diving) e “Regno di Nettuno”, area marina protetta che abbraccia le isole di Ischia, Procida e Vivara.

Il piano, distinto in più fasi, prevede la piantumazione di posidonia attraverso due criteri. Il primo, più esteso, è con l’utilizzo di “biostuoie”, che sono materassini biodegradabili, srotolati sui fondali e su cui sono fissati i piccoli fusti. Il secondo metodo consiste invece nel reimpianto manuale, attraverso picchetti, su aree già mappate e verificate. In particolare, “le biostuoie – sostiene Stefano Acunto, direttore Issd – sono dei geocompositi, con fibra di cocco e reti metalliche: è materiale completamnte biodegradabile, e serve ad ancorare le talee sul fondo e trattenerle, aspettando la ricrescita”.

Da dove viene la posidonia da piantare? “Grazie alla collaborazione con lo staff di Regno di Nettuno’ – prosegue Simeone – raccogliamo i rizomi da piantumare nei fondali di Procida: si tratta di serie già, che in genere si accumulano ai margini delle praterie. La loro rimozione non causerà nessun danno, anzi, alla Gaiola proveremo a dargli una seconda vita”. Gli innesti proseguono, con più sessioni di immersioni, col supporto del biologo marino Luigi Piazzi, esperto di questo tipo di “trapianti”.

“Con questo progetto – afferma la naturalista Paola Masucci – rinverdiamo i fondali di Napoli. Quando scompare una foresta sulla terraferma fa molto rumore, sul mare di meno. Eppure l’importanza è uguale”.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2024/04/08/news/parco_sommerso_della_gaiola_cosi_riforestiamo_i_fondali_di_napoli-422440627/?rss

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