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Perché è possibile battere Giorgia Meloni

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Battere Giorgia Meloni non significa soltanto vincere le elezioni. Significa scardinare un linguaggio politico e culturale che ha saputo ben interpretare il sentimento oggi dominante nel Paese. Paura e orgoglio, insofferenza e bisogno di appartenenza. La leader di Fratelli d’Italia non ha ereditato un consenso, lo ha costruito, giorno dopo giorno, attraverso una narrazione coerente e identitaria. Chi vuole batterla deve prima di tutto comprenderne le ragioni del successo, senza limitarsi a criticarne la figura.

Meloni parla a un’Italia smarrita che chiede ordine, riconoscimento, semplicità. Lo fa con una comunicazione diretta, priva di mediazioni, che restituisce agli elettori l’illusione di essere ascoltati. Il suo messaggio è emotivo prima ancora che politico. Sicurezza, appartenenza e la promessa di una guida stabile in tempi incerti.

Per batterla occorre agire su due piani. Entrare in verticale nel merito delle questioni e costruire una solida cornice politica di riferimento. Un esempio. La nuova manovra economica è una miccia accesa in attesa di esplodere. Un importo complessivo di 16 miliardi, di cui 10 di tagli e 6 di maggiori entrate. Obiettivo: portare il deficit al 2.8%. Mario Monti non avrebbe saputo fare di meglio. E qualche anno fa la giovane Giorgia Meloni lo avrebbe spedito all’inferno per direttissima, senza nemmeno passare per il purgatorio. Oggi, tocca alla Meloni il ruolo di sentinella dei conti pubblici. Nulla di male, se ci fosse altro. Invece, a parte un modesto taglio dell’Irpef sui redditi medi, il nulla. Manca completamente una visione sistemica delle riforme necessarie in politica economica, in un anno cruciale per il Paese. Nel 2026, infatti, termina l’effetto slancio del Pnrr e nulla si sa di come si intenda affrontare il dopo. In più, nel 2026 cominceranno a prodursi gli effetti devastanti della politica daziaria di Trump sui prodotti italiani. In assenza di una strategia di rilancio, di cui non vi è traccia, le imprese e i lavoratori ne usciranno con le ossa rotte. E analogo spartito vale per la politica industriale, completamente assente dall’agenda del governo. Per non dire della perdita del potere di acquisto dei salari, ancora oggi sotto di quasi 9 punti percentuali rispetto al 2008 (peggiore performance, nello stesso periodo di riferimento, tra i paesi del G20) o della “povertà sanitaria”, con circa 6 milioni di persone che non possono permettersi le cure mediche. Perciò, il materiale per affondare qualche buon colpo non manca. Detto del merito, c’è poi il contesto. Per battere Giorgia Meloni serve una nuova grammatica del consenso, che sappia parlare alle persone. Spiegando la complessità senza banalizzarla. Per fare questo, non bastano più le medaglie della protesta. Occorrono le buone idee. Non serve negare l’identità, ma offrirne una più aperta, laica, moderna. Bisogna restituire senso a parole che la destra ha svuotato e riempito a proprio uso. E tutto ciò, comunque, non basterebbe. La prima condizione è l’unità. Il campo progressista, diviso da personalismi e una miriade di sigle, si consegna spesso alla sconfitta in nome di un rivendicazionismo isolazionista privo di buon senso. Meloni appare solida perché di fronte a lei non c’è un’alternativa riconoscibile, ma un coro dissonante. Fin troppo scontato dire che servirebbe un progetto comune, non un’ammucchiata di circostanza. C’è poi un altro tema. L’opposizione deve tornare a farsi sentire con concretezza e ascolto. La credibilità si misura anche nella presenza, nelle azioni tangibili, nella costanza dell’esserci più che nella volatilità del mostrarsi. Magari sui social. Infine, il coraggio culturale. La destra di governo si fonda su un passato idealizzato, su un ordine che non è mai realmente esistito nella vita democratica del Paese, seppur da molti evocato. Dunque, smantellare la fittizia egemonia simbolica del centrodestra: patriottismo, famiglia, merito sono solo slogan privi di una corrispondenza effettiva con il loro reale significato. L’opposizione deve riprendersi quei concetti, rielaborandoli: patria come solidarietà, famiglia come pluralità, merito come giustizia sociale. Giorgia Meloni si può battere. Scegliendo un campo, un’idea di mondo. E proponendo sogni concreti, visioni inclusive, valori condivisi. Con nettezza, lucidità, empatia. L’opposizione che vorrà vincere dovrà parlare di fiducia, non di timore. Di giustizia, non di vendetta. Di libertà, non di egoismo. Di uguaglianza, non di egualitarismo. Dovrà dimostrare che un’altra Italia è possibile.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2025/10/12/news/perche_e_possibile_battere_giorgia_meloni-424908074/?rss

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