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Geolier: “Il mio rap parla di Scampia e coraggio, nel disco c’è bene e male”

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La romantica “Chiagne” (in compagnia di Lazza) e il bellissimo gospel/r’ n’b “Money”, sono stati i primi due singoli estratti da “Il coraggio dei bambini”, nuovo album di Geolier, talentuoso e tumultuoso ventiduenne rapper di Scampia che già lo scorso ottobre aveva scatenato un terremoto nel suo rione chiudendo lo show “Red Bull 64Bars” a ridosso delle Vele (dall’11 gennaio un documentario racconterà sia i concerti sia le vite di quattro ragazzi sulla piattaforma RaiPlay).

Adesso la sua epifania è questo secondo atteso titolo (che segue a “Emanuele” del 2019) in cui raccoglie esperienze familiari, fama, contrasti, prospettive d’artista. Lo fa alternando puro rap di strada, banger, tanta melodia, episodi latin-soul-gangsta-dark ora omaggiando i miti CoSang di “Chi more pè mme” (“Poco/Troppo”) ora condividendo l’itinerario con speciali partner: da “Nun se ver” con Guè, a “X Caso” con Sfera Ebbasta, “Monday” con Shiva e “In trappola” con Lele Blade.

“Quando scelgo i featuring significa che con quell’artista ho un rapporto intenso, non è marketing passivo – sostiene Geolier – Con Blade stiamo sempre insieme, lo ammiro, fotografiamo la trappola che può diventare la mia città. La credibilità viene prima della tua eventuale bravura. Tant’ è che nel finale del disco ribadisco di non essere un personaggio ma una persona real. Quanto a Guè, lo stimo, è un mio padre artistico. Da bambino sono cresciuto con i suoi dischi e volevo diventare come lui. Naturalmente un posto a parte merita Luché, anche se non è in questo progetto”.

Geolier, lei celebra i bambini sia nel titolo sia in copertina.
“In copertina sono tutti bambini del mio quartiere, ciascuno con la sua storia border line. Un paio sono miei nipoti. Rappresentano a pieno il concetto del disco: avere coraggio di fronte a quel che accade ogni giorno. Qualcuno fa smorfie cattive, altri sono angelici. Riassumono bene e male della città, l’indispensabile resistenza che devono sempre dimostrare”.

Anche nel penultimo brano, “Non ci torni più”, inciso con Paky, sfiora questo argomento controverso

“Abbiamo scritto una sorta di manuale di quello che non si deve fare. È la lettera di un padre al figlio, per salvarlo. Quelle sofferenze non devono più moltiplicarsi. Mi considero un poeta di strada, capace di raccontare quello che riesco a vedere. Anche perché io non ho nessun vissuto di quelle tarantelle (storie di reati, ndr) però mi rispettano ugualmente”.

A proposito di padri, ad aprire l’album è “Ricchezza”, in cui alterna la cristallina foga rap al canto profondamente melodico ed è una dedica al suo papà. Ragionando su crimini e sacrifici

“Se dovessi citare un pezzo che è specchio del disco è proprio questo. La ricchezza è una metafora. Se parliamo di soldi, significa sminuire il concetto. La mia ricchezza è l’insegnamento ricevuto da mio padre, è quel che rappresento per i giovani di Napoli e d’Italia. Peraltro dico a me stesso di non essere più un ragazzino ma un uomo vero”.

A questo punto “Money” diventa un suo manifesto, con un coro di bambini che interpreta strofe radicalmente lontane da quel che potrebbe essere lo Zecchino d’oro?

“Qui esprimo anche il mio amore per Nas e Jay-Z, due simboli rap americani. Voglio chiarire un fatto: è nata prima questa traccia, poi l’album completo e alla fine ho trovato il titolo del disco. Era destino, evidentemente. Questo coro include bambini napoletani di Varcaturo che cantano in maniera favolosa. Ogni volta che lo ascolto mi emoziono come fosse la prima”.

Andrà al Festival di Sanremo come ospite doc?

“Quest’ anno certamente no. In futuro potrebbe pure capitare”.

Oggi esce il disco e oggi iniziano gli instore: alle 18.30 sarà in Feltrinelli a piazza Garibaldi. I fan quanto dovranno aspettare per vivere un vero tour?

“Pochissimo. Il 22 e 23 marzo suonerò al Palapartenope e il 23 festeggio anche il mio ventitreesimo compleanno. Poi arriveranno Roma e Milano e diverse città del Sud. Dal vivo il disco crescerà ancora di più e la gente mi capirà fino in fondo”.

In quale punto della sua carriera sente di essere ora, Geolier?

“Napoli merita la consacrazione. Non lo dico per il mio successo personale ma per tutto quel che sta accadendo sulla nostra scena musicale. Non dimentico mai che da operaio nella fabbrica di lampadari di mio fratello in pochi anni sono finito tra le stelle del rap. Difendo ogni giorno questo privilegio e questa responsabilità”.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2023/01/06/news/geolier_il_mio_rap_parla_di_scampia_e_coraggio_nel_disco_ce_bene_e_male-382310263/?rss

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