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Napoli, al Museo Diocesano arriva il “San Zosimo” di Antonello da Messina

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Il Museo diocesano di Napoli ha sempre una mostra di Natale: questa preziosa tradizione ha avuto inizio nel 2017 con il ritratto del “Salvator Mundi” attribuito a Leonardo – da cui, dopo l’arrivo a Napoli si è scatenato un dibattito che dura ancora – a Poussin, Bruegel il Vecchio e nel 2021 Aniello Falcone. Quest’anno è un tavola del Quattrocento che per la prima volta viene esposta fuori dal Duomo di Siracusa dove è conservata. Un vescovo “d’oro” illumina il complesso di Donnaregina: il San Zosimo attribuito a inizio Novecento ad Antonello da Messina, una grande figura del vescovo bizantino che nel VII secolo dopo Cristo diede la veste di tempio cristiano a quello di Siracusa dedicato ad Atena, di cui si vedono ancora le colonne doriche nelle facciate che sposano barocco ad arte antica.

E’ la prima volta che la tavola lignea che misura due metri per uno e venticinque, dipinta su fondo d’oro, esce dalla cappella del SS. Crocifisso del Duomo siciliano. La prima attribuzione ad Antonello risale all’inizio del secolo scorso ed è del gesuita siciliano Gioacchino Di Marzo, con cui concordarono, fino agli anni Ottanta, altri studiosi come Adolfo e Lionello Venturi, Roberto Longhi, Ferdinando Bologna e Fiorella Sricchia Santoro. Il pittore l’avrebbe dipinto nel 1471 o comunque nei primi anni del settimo decennio del XV secolo, epoca a cui risalirebbe anche la “Annunciazione” di Palazzo Bellomo.

La tavola siciliana resterà al museo dal 16 dicembre fino al 13 febbraio e si vedrà in dialogo con il dittico rosa dell’artista abruzzese scomparso nel 2019 Ettore Spalletti, dipinto su tavola a tempera e foglia d’oro: opere distanti tra loro cinque secoli, ma quello di Antonello faceva parte di un polittico e anche il lavoro di Spalletti è composta da più di un elemento, a formare un’architettura com’era per la pittura sacra e le pale d’altare.

Per il contemporaneo sono le ragioni del colore a prevalere: “Ogni giorno – scriveva Spalletti – quando vado nel mio studio, cerco nell’atmosfera una luce o un’ombra che mi possa indirizzare verso un nuovo colore. Il colore suggerisce quindi una forma. I colori che più caratterizzano i miei lavori sono il blu e il rosa”. La scelta di mettere insieme i due distanti periodi dell’arte viene dalla collaborazione con il Museo Madre e il prestito viene dalla Galleria Lia Rumma.

Il curatore Pier Luigi Leone de Castris ha poi voluto mostrare il San Zosimo insieme con opere coeve: la grande “Deposizione dalla croce” del suo maestro di Antonello, Colantonio, proveniente dalla chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli e oggi al Museo di Capodimonte, straordinaria derivazione dagli arazzi fiamminghi di Roger van der Weyden posseduti da Alfonso il Magnanimo e a quel tempo esposti nella Sala poi detta dei Baroni in Castel Nuovo; il polittico con “San Benedetto” dello stesso Museo Diocesano di Napoli, datato 1475  dalla chiesa napoletana di Santa Patrizia; il trittico coi “Santi Francesco, Lucia e Caterina” della chiesa napoletana di Santa Maria la Nova, opera d’un artista di cultura ispano-fiamminga prossimo al pittore valenzano di corte Jacomart Baço; e infine il sin qui sconosciuto “San Nicola” datato 1471 e siglato dall’altro pittore di corte – questa volta campano – Antonello da Capua o del Perrino, rubato anni fa dalla chiesa di Santa Maria in Cosmedin di Portanova ma di recente recuperato dai Carabinieri del Nucleo Tutela e ora in consegna allo stesso Museo Diocesano di Napoli.

Fonte: https://napoli.repubblica.it/cronaca/2022/12/09/news/museo_diocesano_una_tavola_di_antonello_da_messina_dialoga_con_il_contemporaneo-378275805/?rss

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